Durante la gravidanza, la batteriuria asintomatica, l’infiammazione della vescica senza sintomi evidenti, rappresenta un problema di salute significativo. La sua diagnosi precoce è fondamentale per prevenire complicazioni come la pielonefrite, il parto pretermine e il basso peso alla nascita. In questo articolo, esamineremo l’importanza dello screening per la batteriuria asintomatica durante la gravidanza, le modalità diagnostiche e le opzioni di trattamento.

Lo screening per la batteriuria asintomatica dovrebbe essere effettuato durante il primo controllo prenatale, preferibilmente tra la 12ª e la 16ª settimana di gravidanza. Le linee guida raccomandano questa pratica in base a prove di efficacia scientificamente dimostrate. Uno screening precoce è cruciale poiché il prolungato periodo di presenza batterica nelle vie urinarie aumenta il rischio di cistiti, pielonefriti, parto pretermine e neonati con basso peso alla nascita.

Per diagnosticare la batteriuria asintomatica, si consiglia di utilizzare l’urinocoltura come metodo di screening, poiché altri esami diagnostici, come l’esame delle urine o i test enzimatici rapidi, presentano una bassa sensibilità e un elevato rischio di falsi negativi. È importante eseguire l’urinocoltura su due campioni successivi, poiché circa il 40% dei casi può presentare un risultato positivo anche in assenza di batteri nel tratto urinario. La raccolta delle urine da mitto intermedio può portare a contaminazioni, mentre la puntura sovrapubica, sebbene a basso rischio di contaminazione, non è pratica comune.

Trattamento e Monitoraggio

Nel caso in cui l’urinocoltura al primo controllo prenatale risulti negativa, le linee guida non forniscono prove sufficienti per raccomandare ulteriori test durante i trimestri successivi. Studi indicano che la frequenza di pielonefrite nelle donne gravide che rimangono negative allo screening iniziale e non vengono rivalutate è inferiore rispetto a quelle che sono state positive e hanno ricevuto un trattamento antibiotico adeguato. Tuttavia, alcune ricerche suggeriscono che una percentuale di donne, intorno all’1%, può risultare negativa al primo screening e positiva in esami successivi nel secondo e terzo trimestre. Tuttavia, non sono disponibili dati completi sulla loro incidenza di pielonefrite, parto pretermine o neonati con basso peso alla nascita.

La batteriuria asintomatica si verifica nel 2-10% delle donne in gravidanza, con oltre il 75% dei casi causato da Escherichia coli. Se non trattata, questa condizione aumenta significativamente il rischio di pielonefrite per la madre, parto pretermine e basso peso alla nascita per il neonato. Durante la gravidanza, l’utero in espansione comprime la vescica e le vie urinarie, favorendo il ristagno dell’urina e consentendo ai batteri di risalire e infettare i reni. Il rischio di pielonefrite nelle donne con batteriuria asintomatica non trattata può raggiungere il 30%. Pertanto, è cruciale cercare e trattare questa condizione durante la gravidanza.

La terapia antibiotica è il trattamento standard per la batteriuria asintomatica in gravidanza. Gli antibiotici prescritti tengono conto dei risultati dell’urinocoltura, che indicano i ceppi batterici presenti e la loro sensibilità agli antibiotici. È importante utilizzare antibiotici efficaci contro Escherichia coli, il batterio più comune, e sicuri durante la gravidanza. Alcuni esempi di antibiotici raccomandati includono fosfomicina e nitrofurantoina, con precauzioni per il loro uso nelle fasi finali della gravidanza.

Non sono stati segnalati rischi significativi per il neonato associati all’uso di fosfomicina e nitrofurantoina durante la gravidanza, secondo il manuale dell’Agenzia Italiana del Farmaco sull’uso dei farmaci in gravidanza. Tuttavia, è importante considerare i potenziali benefici del trattamento antibiotico rispetto ai rischi di non trattare la batteriuria asintomatica, come la pielonefrite materna, il parto pretermine e il basso peso alla nascita. Dopo la terapia antibiotica, è consigliato eseguire un altro esame delle urine per valutare l’efficacia del trattamento. Inoltre, le urinocolture devono essere ripetute durante le visite di controllo fino alla fine della gravidanza.

La cura della cistite in gravidanza richiede un intervento tempestivo una volta che i sintomi si manifestano.

È fondamentale non auto-trattarsi e rivolgersi al proprio medico per la terapia antibiotica. Il medico prescriverà il farmaco più adeguato in base ai sintomi, al periodo di gravidanza e alle eventuali condizioni preesistenti.

Tra gli antibiotici consigliati per la cura della cistite in gravidanza, si trovano la fosfomicina e la nitrofurantoina (evitando il loro utilizzo vicino al termine della gravidanza). Questi farmaci sono efficaci contro l’Escherichia coli, l’agente batterico più comune, e sono considerati sicuri durante la gravidanza. Tuttavia, è fondamentale che vengano prescritti dal medico curante.

Al termine della terapia antibiotica, il ginecologo consiglierà di eseguire un esame colturale urinario di controllo dopo almeno 7 giorni. Questo esame serve a verificare l’efficacia del trattamento e assicurarsi che l’infezione sia stata completamente eliminata, riducendo i rischi per la madre e il feto. Una cistite non curata aumenta infatti il rischio di parto prematuro, rottura delle membrane prima del tempo e basso peso alla nascita del neonato.

Prevenzione della cistite in gravidanza: Sebbene la cistite in gravidanza sia comune a causa dei cambiamenti ormonali e fisiologici, è possibile adottare alcune strategie per ridurre il rischio di contrarre l’infezione. Ecco alcuni semplici consigli da seguire:

  1. Urinare appena si avverte lo stimolo e svuotare completamente la vescica.
  2. Bere molta acqua per limitare la moltiplicazione batterica nella vescica.
  3. Seguire una corretta igiene intima, detergendo le parti intime in modo corretto, partendo dalla parte anteriore verso quella posteriore (ano).
  4. Indossare biancheria intima in cotone, evitando materiali sintetici.


Ecco come garantire un corretto lavaggio nasale al neonato: l'importanza dell'igiene delle cavità nasali nel neonato.