Cosa sono le IgE, a cosa servono, quando fare l'esame e come interpretarne i valori. Guida completa con spiegazioni mediche chiare e affidabili
Le IgE, o immunoglobuline di tipo E, sono un tipo di anticorpo prodotto dal sistema immunitario. Fanno parte delle cinque principali classi di immunoglobuline presenti nell’organismo (insieme a IgA, IgD, IgG e IgM) e svolgono un ruolo chiave soprattutto nelle reazioni allergiche e nella risposta immunitaria contro i parassiti, in particolare contro gli elminti, ovvero i vermi intestinali.
Queste molecole sono sintetizzate dai linfociti B, un tipo di globuli bianchi, in seguito all’esposizione a sostanze riconosciute come minacciose, come allergeni o organismi parassitari. La loro struttura molecolare è simile a quella delle altre immunoglobuline, con la caratteristica forma a “Y”, e in condizioni normali sono presenti nel sangue in quantità molto basse.

Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. Le IgE rappresentano un meccanismo specializzato del sistema immunitario, utile nella protezione contro alcuni tipi di minacce biologiche, ma anche responsabile delle reazioni allergiche che colpiscono milioni di persone
Il compito principale delle IgE è duplice. Da un lato, sono responsabili della mediazione delle reazioni allergiche: quando una persona allergica entra in contatto con un allergene, le IgE si legano a quest’ultimo e si attaccano a specifiche cellule immunitarie come mastociti e basofili. Questo processo scatena il rilascio di sostanze chimiche, come l’istamina, che provocano i classici sintomi allergici: prurito, gonfiore, starnuti, difficoltà respiratorie, orticaria o, nei casi più gravi, reazioni anafilattiche.
Dall’altro lato, svolgono un ruolo nella difesa contro i parassiti. In presenza di un’infezione parassitaria, queste immunoglobuline attivano cellule del sistema immunitario che cercano di eliminare o allontanare l’agente patogeno.
Le immunoglobuline E, sebbene presenti in quantità minime rispetto ad altre classi anticorpali, svolgono un ruolo specifico e rilevante all’interno del sistema immunitario. Rappresentano solo una piccola frazione delle immunoglobuline totali nel sangue (circa lo 0,05%), ma sono coinvolte in importanti processi di difesa e regolazione immunitaria.
Dal punto di vista fisiologico, partecipano alla risposta immunitaria di tipo Th2, un meccanismo che l’organismo utilizza per contrastare parassiti multicellulari, come gli elminti. In presenza di questi agenti, i linfociti B producono quelle specifiche, che si legano a recettori ad alta affinità situati sulla superficie di mastociti, basofili ed eosinofili. Quando le IgE riconoscono l’antigene, attivano queste cellule, che rilasciano sostanze come istamina, leucotrieni, enzimi e citochine, utili a eliminare il parassita.
Oltre alla risposta antiparassitaria, sono protagoniste delle reazioni allergiche immediate, note anche come ipersensibilità di tipo I. Questo meccanismo si sviluppa in due fasi. Durante la sensibilizzazione, il sistema immunitario produce IgE in risposta a un allergene (come pollini, alimenti o peli di animali), che si legano ai recettori sui mastociti e basofili. In una successiva esposizione allo stesso allergene, si verifica una degranulazione cellulare con rilascio di sostanze vasoattive, come l’istamina, responsabili dei sintomi tipici: orticaria, prurito, gonfiore, broncospasmo e, nei casi più gravi, anafilassi.
Alcune ricerche suggeriscono anche un possibile ruolo delle IgE nella regolazione del sistema immunitario, specialmente durante l’infanzia. A livelli fisiologici, sembrerebbero coinvolte nella modulazione delle risposte Th2, nell’attivazione controllata dei mastociti anche in assenza di allergeni e, secondo ipotesi in corso di studio, in un’eventuale funzione anti-tumorale.
Dal punto di vista anatomico, le IgE si localizzano prevalentemente legate a cellule immunitarie, piuttosto che libere nel sangue. I mastociti, presenti nei tessuti connettivi di pelle, vie respiratorie e tratto gastrointestinale, costituiscono il principale sito di legame. I basofili, che circolano nel sangue, e gli eosinofili, reclutati in caso di infezioni o allergie, svolgono anch’essi un ruolo attivo. La produzione di IgE avviene in organi linfatici come linfonodi, milza e midollo osseo, in seguito alla stimolazione da parte di antigeni.
Come interpretare i valori dell’esame: alti, bassi e normali
L’esame delle IgE serve a valutare la quantità di questi anticorpi presenti nel sangue. Il significato dei risultati non può essere interpretato in modo isolato: è fondamentale considerarli insieme ad altri elementi come i sintomi del paziente, la storia clinica e l’esito di altri test allergologici o immunologici.
Valori normali variano leggermente da un laboratorio all’altro, ma in generale si considera normale, negli adulti, una concentrazione fino a circa 100–150 kU/L. Nei bambini, questi valori possono essere naturalmente più alti. È interessante notare che, in alcuni casi, persone perfettamente sane e prive di allergie possono presentare livelli elevati, così come soggetti allergici possono avere valori nella norma: per questo motivo, l’esame non fornisce da solo una diagnosi definitiva.
Quando risultano elevate, la causa più frequente è la presenza di una condizione allergica. Si può trattare, ad esempio, di rinite stagionale, asma allergico, dermatite atopica, allergie alimentari, oppure reazioni a farmaci o punture di insetti. Un’altra possibile spiegazione è legata alla presenza di parassiti intestinali, specialmente nelle zone del mondo dove queste infezioni sono più comuni. In situazioni più rare, un aumento significativo può essere associato a malattie immunologiche o a condizioni complesse come la sindrome iper-IgE, alcuni tipi di linfoma, leucemie o patologie epatiche croniche.
Valore IgE (kU/L) | Significato possibile | Sintomi associati | Patologie correlate | Note aggiuntive |
---|---|---|---|---|
0 – 25 (basso) | Valori generalmente normali o molto bassi | Assenza di sintomi, o eventuali infezioni/immunodeficienze | ▸ Nessuna condizione allergica ▸ Possibile immunodeficienza primaria ▸ Agammaglobulinemia | Valore comune nei soggetti non allergici o in buona salute. Non è indicativo di allergie. |
26 – 100 (nella norma) | Gamma ritenuta normale nella maggior parte dei laboratori | Nessun sintomo specifico, oppure sintomi lievi e non allergici | ▸ Individui sani ▸ Fase iniziale di sensibilizzazione allergica | Non esclude del tutto un’allergia, specialmente se sono presenti sintomi clinici. |
101 – 150 (limite superiore della norma) | Valore vicino al limite massimo di normalità | Potenziali sintomi lievi: rinite stagionale, dermatite occasionale | ▸ Possibile sensibilizzazione ▸ Allergie lievi o intermittenti | Richiede monitoraggio se associato a sintomi o anamnesi positiva per allergie. |
151 – 500 (elevato) | Valore moderatamente elevato | Sintomi respiratori, cutanei o gastrointestinali di tipo allergico | ▸ Rinite allergica ▸ Asma allergico ▸ Dermatite atopica ▸ Allergie alimentari | Indica una risposta immunitaria attiva. Utile eseguire test IgE specifici per identificare l’allergene coinvolto. |
501 – 1000 (molto elevato) | Valore nettamente superiore alla norma | Sintomi intensi o cronici: orticaria ricorrente, prurito, tosse persistente | ▸ Allergie croniche gravi ▸ Asma persistente ▸ Eczema atopico grave | Conferma la necessità di approfondimenti allergologici. Possibile coinvolgimento di più allergeni. |
> 1000 (estremamente elevato) | Valore patologico significativo | Reazioni allergiche sistemiche, orticaria grave, broncospasmo, possibile anafilassi | ▸ Sindrome iper-IgE (Job) ▸ Infezioni parassitarie ▸ Linfomi o mielomi IgE ▸ EGPA* | (*Granulomatosi eosinofila con poliangioite). Necessario inquadramento specialistico. Può essere spia di patologie sistemiche. |
Se si sospetta un’allergia, è utile eseguire anche il dosaggio delle IgE specifiche, che consente di identificare la risposta del sistema immunitario verso un determinato allergene, come il polline, il latte, il nichel o il pelo di gatto. Un risultato positivo indica che l’organismo è stato sensibilizzato a quella sostanza, ma non implica necessariamente la presenza di un’allergia clinicamente manifesta. Solo una valutazione completa, che può includere test cutanei o prove di esposizione controllata, può confermare la diagnosi.
D’altra parte, valori bassi o assenti sono comuni nelle persone non allergiche e non rappresentano un problema di per sé. In alcuni contesti, possono essere un segnale di immunodeficienza, soprattutto se accompagnati da altri segni clinici. In rari casi, una bassa concentrazione di IgE può essere osservata in pazienti che assumono farmaci immunosoppressori o affetti da alcune forme di leucemia.
Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?
L’esame viene eseguito attraverso un prelievo di sangue venoso, in genere effettuato sul braccio. Si tratta di un test semplice, rapido e sicuro, che non richiede particolari preparazioni e che viene abitualmente svolto nei laboratori su indicazione del medico di base o di uno specialista, come l’allergologo o l’immunologo.
Nella maggior parte dei casi, non è necessario essere a digiuno, a meno che non siano previsti anche altri esami da effettuare nello stesso momento. Il prelievo dura pochi minuti, mentre i risultati dell’analisi possono essere disponibili in un arco di tempo che va da uno a tre giorni lavorativi, a seconda del laboratorio. La misurazione delle IgE avviene con tecniche di laboratorio altamente sensibili, come l’ELISA, la chemiluminescenza o la fluoroimmunoanalisi, che permettono di determinare con precisione la concentrazione degli anticorpi nel siero.
Questo esame può essere richiesto per valutare:
- le IgE totali, che indicano la quantità complessiva di immunoglobuline E presenti nel sangue;
- le IgE specifiche, che rilevano la risposta immunitaria verso allergeni precisi (come pollini, alimenti, acari, peli di animali, ecc.).
In ambito clinico, il test viene generalmente prescritto quando si sospetta una reazione allergica o una condizione immunitaria da monitorare. I sintomi che portano alla richiesta dell’esame sono vari e includono: rinite stagionale o persistente, congiuntivite allergica, asma, orticaria ricorrente, eczema atopico, problemi gastrointestinali legati all’ingestione di certi cibi o reazioni allergiche gravi come l’anafilassi.
Nel caso si voglia identificare l’allergene responsabile di tali reazioni, il medico può richiedere il dosaggio delle IgE specifiche, rivolte a sostanze sospettate come causa della sensibilizzazione. Tra queste figurano: pollini (come graminacee o olivo), acari della polvere, peli di animali, alimenti comuni (latte, uovo, pesce, arachidi), veleni di insetti o determinati farmaci.
L’esame può essere utile anche per effettuare una diagnosi differenziale, cioè per distinguere i sintomi di origine allergica da quelli causati da altre malattie come infezioni, disturbi autoimmuni o condizioni psicosomatiche.
Un altro campo di utilizzo riguarda la diagnosi di infezioni parassitarie, soprattutto nei soggetti provenienti da zone dove gli elminti (vermi intestinali) sono diffusi, poiché queste infezioni tendono a stimolare la produzione di IgE.
Infine, il dosaggio delle IgE è utile anche per il monitoraggio di alcune malattie immunitarie croniche, come la sindrome iper-IgE, l’asma allergico grave, l’eczema atopico severo o la granulomatosi eosinofila con poliangioite.
Fattori che influenzano l’esame
L’esito dell’esame può variare in base a molteplici fattori fisiologici, patologici e ambientali, ed è perciò fondamentale interpretarlo sempre nel contesto clinico individuale. Queste variabili influenzano sia le IgE totali sia quelle specifiche, e la loro comprensione aiuta a evitare diagnosi errate o incomplete. Uno dei principali fattori è l’età: i bambini, in particolare nei primi anni di vita, mostrano naturalmente valori di IgE più alti rispetto agli adulti, mentre con l’invecchiamento si può osservare una diminuzione fisiologica.
L’esposizione ad allergeni è un altro elemento determinante. Contatti frequenti o recenti con pollini, acari, peli di animali o determinati alimenti possono far aumentare le IgE specifiche. Questo è particolarmente evidente nei periodi in cui è più alta la presenza di allergeni nell’ambiente, come la primavera.
Le infezioni parassitarie, in particolare quelle causate da elminti, possono stimolare una risposta immunitaria di tipo Th2, comportando un innalzamento significativo delle IgE totali, anche in assenza di allergie. Anche i farmaci hanno un impatto: i trattamenti immunosoppressori possono abbassare i livelli di IgE, mentre reazioni avverse a determinati farmaci possono causarne un aumento temporaneo.
Alcune patologie del sistema immunitario, come la sindrome iper-IgE, comportano livelli molto alti di questi anticorpi. Al contrario, in caso di immunodeficienze primarie o acquisite, i valori possono risultare bassi o addirittura assenti.
I fattori ambientali e geografici giocano anch’essi un ruolo: vivere in regioni con elevata incidenza di infezioni parassitarie o in ambienti inquinati può influenzare la produzione di IgE. Anche il fumo passivo e le condizioni domestiche possono contribuire all’attivazione allergica.
Infine, lo stress e alcuni fattori neuroendocrini sembrano in grado di influenzare la risposta immunitaria, sebbene il legame non sia ancora del tutto chiarito.
È importante sottolineare che valori elevati di IgE totali non indicano necessariamente un’allergia clinicamente rilevante e che valori normali non escludono in modo assoluto una sensibilizzazione. Per questo, l’interpretazione dei risultati deve sempre essere accompagnata da un’analisi completa che comprenda la sintomatologia, l’anamnesi e altri test diagnostici, come quelli cutanei o di provocazione.