Cos’è la lattato deidrogenasi (LDH), a cosa serve, valori normali, cause di LDH alta o bassa, come si esegue l’esame e i fattori che possono influenzarne i risultati
La lattato deidrogenasi (LDH), abbreviazione di lactate dehydrogenase, è un enzima fondamentale per il metabolismo energetico cellulare e viene spesso utilizzato in campo medico come indicatore di danno tissutale.
La sua funzione principale consiste nel catalizzare la reazione reversibile che trasforma il piruvato in lattato e viceversa, permettendo così la rigenerazione del NAD⁺, indispensabile per la glicolisi. Questo processo assume particolare rilievo in condizioni di scarsa disponibilità di ossigeno, ad esempio durante sforzi fisici intensi, poiché consente alle cellule di continuare a produrre energia anche in assenza di ossigeno.

Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. L’LDH rappresenta un enzima chiave per l’equilibrio energetico e l’adattamento metabolico dei tessuti, garantendo la continuità della produzione di energia anche in condizioni di stress o carenza di ossigeno
L’enzima è diffuso in quasi tutti i tessuti dell’organismo, come cuore, fegato, muscoli, reni, cervello e polmoni, e si presenta in diverse forme (isoenzimi) che variano in base al tessuto di appartenenza. Proprio per questa distribuzione capillare, la misurazione dei livelli di LDH nel sangue rappresenta un parametro utile per individuare la presenza di lesioni o patologie, anche se non consente da sola di stabilire con precisione l’organo coinvolto.
La lattato deidrogenasi (LDH) è un enzima presente in quasi tutte le cellule e svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo energetico, catalizzando la conversione reversibile tra piruvato e lattato e regolando il bilancio tra NADH e NAD⁺. In condizioni di scarsa disponibilità di ossigeno, come durante sforzi fisici intensi, consente la continuazione della glicolisi anaerobica rigenerando NAD⁺. Il lattato prodotto può essere trasportato al fegato e riconvertito in piruvato, partecipando al Ciclo di Cori e alla gluconeogenesi. Nel sistema nervoso, facilita la collaborazione metabolica tra astrociti e neuroni, con produzione e ossidazione di lattato a seconda delle isoforme presenti.
L’LDH si presenta in cinque isoenzimi (LDH‑1 fino a LDH‑5), ciascuno distribuito in tessuti specifici come cuore, muscolo scheletrico, fegato, polmoni, reni e globuli rossi, e consente un adattamento del metabolismo alle esigenze energetiche locali. La sua attività è regolata dalla concentrazione di substrati e cofattori (piruvato, NADH, NAD⁺) e può aumentare in risposta all’esercizio fisico per migliorare la funzione mitocondriale.
Grazie alla diversificazione degli isoenzimi, l’LDH contribuisce a mantenere l’equilibrio energetico dell’organismo, permettendo la gestione efficace del lattato e del piruvato in diversi tessuti, anche in condizioni di stress metabolico o ipossia.
Come interpretare i valori dell’esame: alta, bassa e normale
L’esame consente di misurare la concentrazione di questo enzima nel sangue, fornendo indicazioni sulla possibile presenza di danni cellulari o tissutali. L’interpretazione dei risultati richiede attenzione ai valori rilevati e alla distribuzione dei diversi isoenzimi delll’LDH.
I valori di riferimento possono variare in base all’età e al laboratorio, ma generalmente negli adulti sono considerati normali valori compresi tra 125 e 250 U/L, mentre nei neonati e nei bambini i valori sono più elevati e tendono a diminuire con l’età. È quindi importante fare riferimento ai valori specifici riportati sul referto dell’esame.
Valori elevati possono indicare danni o patologie a livello cardiaco, epatico, ematologico, muscolare, renale o oncologico. Anche fattori come l’assunzione di alcuni farmaci, l’abuso di alcol o l’emolisi del campione possono influenzare i risultati. Al contrario, valori inferiori alla norma sono meno frequenti e possono essere associati a carenze nutrizionali, insufficienza epatica o anemia aplastica.
| Parametro | Valori di riferimento | Sintomi possibili | Patologie associate | Note aggiuntive |
|---|---|---|---|---|
| LDH normale | Adulti: 125–250 U/L Neonati/bambini: valori più alti, decrescono con l’età | Generalmente assenti | Stato fisiologico senza danni tissutali | Valori normali indicano equilibrio tra produzione e degradazione cellulare |
| LDH alta | > 250 U/L (può variare in base al laboratorio) | Affaticamento, dolore muscolare, ittero, febbre, sintomi specifici dell’organo coinvolto | Infarto miocardico, insufficienza cardiaca congestizia, epatite, cirrosi, anemia emolitica, distrofie muscolari, miositi, tumori, insufficienza renale | Può essere influenzata da farmaci, sforzi fisici intensi, alcol, emolisi del campione. Analisi degli isoenzimi permette di localizzare il danno |
| LDH bassa | < 125 U/L (varia con laboratorio e età) | Debolezza, pallore, stanchezza | Anemia aplastica, carenza di vitamina C, insufficienza epatica grave | Meno comune; spesso non clinicamente significativa se lieve. Può indicare ridotta produzione enzimatica o grave compromissione epatica |
| LDH-1 (H₄) | Prevalente in miocardio, globuli rossi, reni | Dolore toracico, dispnea | Infarto miocardico, emolisi | L’aumento specifico indica possibile danno cardiaco o ematico |
| LDH-2 (H₃M₁) | Cuore, globuli rossi, globuli bianchi, rene, pancreas | Sintomi vari a seconda del tessuto coinvolto | Emolisi, danno cardiaco o renale | Aumento meno specifico di LDH-1, ma utile per pattern diagnostici |
| LDH-3 (H₂M₂) | Polmoni, placenta, pancreas | Dispnea, dolore toracico, disturbi respiratori | Malattie polmonari, placentari, pancreatiche | Può aiutare a identificare danni polmonari o gravidanza complicata |
| LDH-4 (H₁M₃) | Muscolo scheletrico, fegato, linfonodi, globuli bianchi | Debolezza muscolare, epatopatie | Danni muscolari, epatici, linfopatie | L’analisi isoenzimatica può distinguere tra danno muscolare e epatico |
| LDH-5 (M₄) | Fegato, muscolo scheletrico, rene, pancreas | Dolore muscolare, ittero, affaticamento | Epatiche, muscolari, renali | Indicativa di danno a tessuti ad alta attività glicolitica |
L’analisi di questi 5 isoenzimi permette di individuare più precisamente la localizzazione del danno.
Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?
L’esame si esegue principalmente attraverso un prelievo di sangue venoso, di solito effettuato al mattino. La procedura è semplice, rapida e poco invasiva, con eventuali lievi fastidi come piccoli ematomi nel punto di puntura. Per garantire l’affidabilità del risultato è spesso raccomandato osservare un digiuno di circa 8–10 ore ed evitare attività fisica intensa nelle ore precedenti, così da non influenzare temporaneamente i livelli dell’enzima. In particolari situazioni cliniche, l’analisi può essere condotta anche su altri fluidi corporei, come il liquido cerebrospinale, pleurico o peritoneale, quando si sospettano patologie specifiche.
L’esame viene richiesto soprattutto per valutare la presenza di danni cellulari o tissutali. Poiché l’aumento dell’LDH non indica un organo specifico, il test è generalmente integrato da ulteriori indagini diagnostiche. Può essere prescritto in caso di sospetto infarto, epatiti, patologie muscolari o ematologiche, così come per monitorare lo stato di salute in corso di infezioni o altre condizioni acute. Inoltre, trova applicazione in oncologia, dove viene utilizzato per seguire l’andamento di alcune neoplasie — come linfomi, melanomi o tumori germinali — al fine di valutare la risposta ai trattamenti o rilevare eventuali recidive.
Fattori che influenzano l’esame
Diversi fattori possono condizionare i risultati dell’esame, rendendone necessaria un’attenta interpretazione clinica.
| Fattore | Effetto sui valori LDH | Note pratiche |
|---|---|---|
| Emolisi del campione | ↑ Aumento artificiale | Evitare rottura dei globuli rossi durante prelievo |
| Esercizio fisico | ↑ Temporaneo aumento | Riposo 12–24 h prima del test |
| Alcol | ↑ Possibile incremento | Evitare consumo nelle 24 h precedenti |
| Farmaci | ↑/↓ Alterazioni variabili | Alcuni aumentano (es. statine, anestetici), vitamina C riduce |
| Età | ↑ Più elevata in neonati/bambini | Valori si stabilizzano in età adulta |
| Sesso | ↑ Leggermente più alti negli uomini | Riferimenti specifici per genere |
| Malattie genetiche rare | ↓ Valori molto bassi non patologici | Esempio: deficit di LDH-A o LDH-B |
| Tipo di campione | ↑ Siero > Plasma | Necessaria corretta centrifugazione |
| Errori tecnici | ↑/↓ Variazioni nei risultati | Standardizzare tempi e metodi |
| Altri fattori minori | Variabile | Globuli bianchi/piastrine elevati, contaminazioni o interazioni microbiche |
Un primo elemento è l’emolisi, ovvero la rottura dei globuli rossi durante o dopo il prelievo, che può determinare un innalzamento artificiale dei valori, poiché questo enzima è molto presente nelle cellule ematiche. Anche l’attività fisica intensa incide temporaneamente, provocando un rilascio muscolare di LDH che può persistere fino a un giorno dopo lo sforzo.
L’assunzione di alcol e alcuni farmaci, tra cui aspirina, anestetici, statine o sostanze stupefacenti, può modificare i risultati, mentre un’elevata quantità di vitamina C può ridurre i livelli in modo non reale. Le differenze biologiche legate all’età e al sesso vanno inoltre considerate: i bambini e i neonati hanno valori più alti rispetto agli adulti, mentre negli uomini si osservano mediamente livelli leggermente superiori rispetto alle donne.
In casi rari, alcune condizioni genetiche possono determinare valori insolitamente bassi senza essere indice di malattia. Altri fattori riguardano l’aspetto tecnico: la scelta del campione (siero o plasma), le modalità di centrifugazione e le tempistiche di analisi possono influenzare l’attendibilità del dato. Anche eventuali contaminazioni, un elevato numero di cellule nel sangue o particolari interazioni microbiche nei campioni possono interferire con la misurazione.

