Una teoria discussa da oltre cinquant’anni. L’idea che l’attività eiaculatoria regolare possa avere un ruolo protettivo nei confronti del tumore alla prostata circola da più di mezzo secolo

Il carcinoma prostatico rappresenta circa un terzo delle nuove diagnosi oncologiche maschili in Europa. I principali fattori di rischio – età avanzata, familiarità, origine africana o caraibica – non possono essere modificati. Per questo motivo, gli studiosi esplorano abitudini quotidiane che potrebbero ritardarne l’insorgenza. Tra queste rientra l’eiaculazione, intesa come emissione del liquido seminale mediata dalla contrazione della prostata e delle vescicole seminali. Secondo una teoria detta in passato “della frustrazione prostatica”, un ristagno prolungato del fluido potrebbe favorire infiammazione cronica e, di conseguenza, lo sviluppo tumorale. I dati disponibili non forniscono una risposta univoca.

Eiaculazione come misura preventiva

Sebbene alcune evidenze suggeriscano che eiaculazioni più frequenti possano associarsi a un ridotto rischio di carcinoma prostatico, non esistono ancora dati sufficienti per formulare raccomandazioni definitive. La tutela della salute della prostata va considerata in un contesto più ampio, comprendente uno stile di vita sano, una dieta equilibrata e controlli medici regolari

Il possibile legame tra quante volte un uomo eiacula e la probabilità di sviluppare il cancro alla prostata è stato studiato a lungo. Sebbene alcune ricerche abbiano rilevato correlazioni favorevoli, i risultati complessivi restano contrastanti e numerosi interrogativi rimangono aperti.

Alcuni studi epidemiologici americani hanno rafforzato questa possibilità, mentre analisi più recenti condotte in Cina hanno ridimensionato l’ipotesi. La questione rimane aperta e la scienza continua a indagare senza certezze definitive.

I dati a sostegno di un effetto protettivo

Un’ampia indagine prospettica condotta dalla Harvard School of Public Health ha seguito oltre 31.000 operatori sanitari tra i 20 e i 49 anni, monitorando la frequenza media delle eiaculazioni dal 1992 al 2010. Durante il periodo di osservazione sono stati rilevati 3.839 casi di cancro alla prostata. Dopo aver corretto i risultati per età, screening, fumo, attività fisica e dieta, i ricercatori hanno rilevato un calo del rischio pari al 22% negli uomini che riferivano almeno 21 eiaculazioni al mese, rispetto a chi ne dichiarava tra 4 e 7. La protezione risultava più evidente nelle forme a bassa aggressività, suggerendo un impatto nelle fasi iniziali della malattia.

Sul piano biologico, sono state avanzate diverse spiegazioni: una minore concentrazione dell’enzima 5-α-reduttasi, che stimola la crescita tumorale; un miglioramento dell’ossigenazione locale grazie all’aumento della circolazione sanguigna nell’area pelvica; e l’effetto immunomodulatore di ormoni come ossitocina ed endorfine rilasciati durante l’orgasmo. Sebbene si tratti di ipotesi teoriche, esse forniscono coerenza ai risultati epidemiologici osservati.

Principali studi e dati osservativi

Indagine della Harvard T.H. Chan School of Public Health
Un’indagine prospettica di ampio respiro ha seguito 31.925 operatori sanitari tra i 20 e i 49 anni, dal 1992 al 2010. I partecipanti hanno riportato tramite questionari autocompilati la frequenza media delle eiaculazioni. Durante il periodo di osservazione sono stati diagnosticati 3.839 casi di cancro alla prostata. Considerando fattori di rischio quali età, attività fisica e abitudini alimentari, gli uomini con almeno 21 eiaculazioni mensili presentavano un rischio ridotto del 22% rispetto a chi ne aveva da 4 a 7. L’effetto protettivo risultava più marcato nelle forme di tumore meno aggressive, suggerendo un impatto nelle fasi iniziali della malattia.

Studio condotto in Australia
Un’ulteriore analisi su 2.338 uomini australiani ha valutato l’influenza dei comportamenti sessuali sul rischio di carcinoma prostatico prima dei 70 anni. I maschi che eiaculavano in media tra 4,6 e 7 volte a settimana avevano il 36% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi precoce rispetto a chi eiaculava meno di 2,3 volte. Il beneficio appariva particolarmente rilevante per le eiaculazioni avvenute durante la giovane età adulta, anche se il tumore veniva diagnosticato molti anni più tardi.

Ipotesi biologiche sul meccanismo protettivo

Diversi modelli teorici cercano di spiegare come l’eiaculazione frequente potrebbe ridurre il rischio di cancro prostatico:

  • Riduzione della 5-α-reduttasi: L’eiaculazione regolare potrebbe abbassare la concentrazione locale di quest’enzima, che trasforma il testosterone in diidrotestosterone, un androgeno coinvolto nello sviluppo tumorale.
  • Aumento del flusso sanguigno pelvico: L’attività sessuale favorisce una migliore ossigenazione dei tessuti grazie a un maggior afflusso di sangue, contrastando l’ipossia che può favorire mutazioni cellulari.
  • Rilascio di ormoni immunomodulatori: L’orgasmo stimola l’aumento di ossitocina ed endorfine, molecole che possono supportare la vigilanza immunitaria contro le cellule tumorali.

Pur plausibili, queste ipotesi necessitano di ulteriori conferme tramite studi clinici mirati.

I limiti e i dati contrastanti

Una meta-analisi cinese che ha raccolto 22 studi e oltre 55.000 soggetti propone una visione più prudente. Secondo questi risultati, fino a circa 16 eiaculazioni mensili si osserva un modesto effetto protettivo, ma oltre tale soglia il rischio sembra aumentare. Diverse possibili spiegazioni sono state avanzate: maggiore esposizione a infezioni sessualmente trasmissibili, legame con livelli più alti di androgeni (ormoni che stimolano la crescita prostatica), oppure la presenza di fattori sociali e comportamentali non sempre rilevati.

Eiaculazione e prevenzione del cancro alla prostata

Sulla base delle prove disponibili, nessuna linea guida ufficiale include la frequenza eiaculatoria tra le strategie preventive

Queste differenze mostrano i limiti delle ricerche basate su questionari: i dati dipendono dall’autodichiarazione dei partecipanti, i protocolli variano nel controllo della dieta, delle infezioni o dell’uso di farmaci, e non sempre vengono misurati i livelli ormonali nel sangue. Inoltre, il carcinoma prostatico ha un’evoluzione lenta: anche un monitoraggio di vent’anni può rivelarsi troppo breve per valutare l’impatto di abitudini adottate da giovani adulti.

L’Associazione Europea di Urologia sottolinea invece che la riduzione del peso corporeo, l’attività fisica costante e una dieta povera di grassi saturi hanno un livello di evidenza molto più solido. In ambito clinico, i medici possono comunque rassicurare i pazienti: mantenere una sessualità attiva, purché consensuale e priva di rischi infettivi, non sembra avere effetti negativi sulla prostata e, anzi, potrebbe apportare un piccolo beneficio.

Al momento, nessuna società scientifica include la frequenza eiaculatoria tra le strategie preventive del carcinoma prostatico. L’Associazione Europea di Urologia sottolinea invece l’importanza di fattori modificabili come il controllo del peso corporeo, l’attività fisica costante e una dieta povera di grassi saturi, supportati da prove più solide. In ambito clinico i medici possono rassicurare i pazienti: una vita sessuale attiva, consensuale e priva di comportamenti a rischio infettivo, non appare dannosa per la prostata e potrebbe offrire un piccolo beneficio protettivo.



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