Conoscere le condizioni favorevoli alla crescita del Clostridium botulinum e rispettare rigorose regole di igiene e conservazione è la chiave per proteggere la propria salute e quella dei propri cari

Negli ultimi mesi diversi episodi hanno riportato l’attenzione sul botulismo, una rara ma pericolosa intossicazione alimentare. In Calabria, un uomo di 52 anni ha perso la vita dopo aver mangiato un panino con broccoli e salsiccia acquistato presso un food truck; almeno altre nove persone hanno accusato sintomi analoghi. Un caso analogo si è verificato in Sardegna, durante una festa di paese, dove otto persone – tra cui un bambino ancora ricoverato – sono rimaste intossicate e una è deceduta.

Il botulismo è una delle intossicazioni alimentari più temute

Il botulismo è una delle intossicazioni alimentari più temute, seppur poco frequente. Questo perché il batterio Clostridium botulinum necessita di precise condizioni ambientali per moltiplicarsi e rilasciare tossina. Quando però tali condizioni si verificano – spesso nelle conserve casalinghe – il rischio diventa concreto e potenzialmente mortale

Che cos’è il botulismo?

Il botulismo è una malattia provocata dalla tossina prodotta dal Clostridium botulinum, un batterio che prospera in assenza di ossigeno. Non è quindi il microrganismo in sé a causare i danni, ma la neurotossina che produce. Questa sostanza, una delle più potenti esistenti in natura, ostacola la comunicazione tra nervi e muscoli, generando sintomi che vanno dalla nausea alla paralisi.

La patologia si presenta in più forme: quella alimentare, la più diffusa; quella infantile, che interessa i bambini sotto l’anno di età; il botulismo da ferita, quando le spore colonizzano un taglio; e il botulismo iatrogeno, conseguenza di un impiego scorretto della tossina in campo medico o estetico.

Da cosa è causato?

Nella maggior parte dei casi il botulismo deriva da alimenti conservati in modo scorretto. L’ambiente poco acido e povero di ossigeno favorisce lo sviluppo del batterio. I dati epidemiologici italiani mostrano che la stragrande maggioranza degli episodi riguarda prodotti casalinghi, mentre solo una minima percentuale interessa conserve industriali.

Le verdure sott’olio o in acqua non acida rappresentano i principali responsabili (circa il 70% dei casi). Non mancano però contaminazioni legate a carni affumicate, insaccati, pesce o formaggi molli non adeguatamente stagionati o refrigerati.

La proliferazione del batterio richiede una combinazione di fattori: assenza di ossigeno, temperatura superiore ai 10 °C, attività dell’acqua (Aw) maggiore del 94%, pH sopra 4,5 e concentrazione salina inferiore al 7-8%. Inoltre, la mancanza di nitrati e la presenza di altri microrganismi in grado di modificare l’ambiente circostante possono agevolare ulteriormente la crescita del patogeno, anche in alimenti inizialmente acidi.

La tossina è termolabile: si inattiva a 80 °C in circa 15 minuti. Diverso il discorso per le spore, che resistono fino a 120 °C e quindi richiedono temperature molto elevate per essere eliminate.

Quali alimenti sono più a rischio?

Tra i cibi da considerare pericolosi ci sono peperoni, pomodori, funghi e altre verdure conservate in vetro senza idonea sterilizzazione. Anche le preparazioni casalinghe sott’olio, come melanzane, zucchine, aglio e spezie, sono spesso coinvolte. Zuppe non refrigerate, conserve etniche e prodotti sottovuoto preparati senza criteri di sicurezza possono rivelarsi altrettanto rischiosi.

Non vanno dimenticati salumi artigianali e formaggi molli come brie, camembert e gorgonzola, che se conservati in condizioni inappropriate possono favorire la produzione della tossina.

Al contrario, non comportano rischio di botulino gli alimenti freschi, le conserve acidificate (ad esempio i sottaceti), le marmellate grazie all’alto contenuto di zucchero, i surgelati e i prodotti industriali sottoposti a pastorizzazione o sterilizzazione.

Esistono ceppi proteolitici, che modificano gusto, colore, odore e consistenza del cibo rendendolo sgradevole. Altri ceppi, invece, sono non proteolitici: in questo caso il prodotto contaminato può sembrare del tutto normale, pur contenendo tossina. È proprio questa caratteristica a rendere alcune intossicazioni particolarmente insidiose.

La malattia si manifesta in tre varianti:

  • Botulismo alimentare, causato dall’ingestione di alimenti contaminati dalla tossina.
  • Botulismo infantile, che colpisce i piccoli sotto i 12 mesi per ingestione di spore. Un alimento frequentemente coinvolto è il miele, che non deve mai essere dato ai neonati.
  • Botulismo da ferita, che si sviluppa quando il batterio infetta una lesione cutanea e rilascia tossina. Questa forma è in crescita tra i consumatori di droghe iniettive preparate senza condizioni igieniche adeguate.

Come riconoscere un alimento contaminato?

Uno dei problemi principali del botulismo è che i cibi contaminati spesso non mostrano alterazioni visibili. Tuttavia, alcuni segnali devono mettere in guardia: barattoli gonfi o con coperchio sollevato, presenza di muffe o liquido torbido, consistenza anomala o bollicine all’interno del contenitore. Un odore acre, simile a quello della carne avariata, è un altro campanello d’allarme.

Sintomi dell’intossicazione

Il periodo di incubazione varia da poche ore a oltre una settimana. Inizialmente i disturbi possono sembrare una banale gastroenterite: nausea, vomito, diarrea e dolori addominali. Con il progredire dell’intossicazione compaiono i segni neurologici: bocca secca, difficoltà a deglutire, parlare o mettere a fuoco, vista doppia o palpebre cadenti. Nei casi più severi si arriva alla paralisi dei muscoli respiratori.

Nei bambini piccoli il quadro è diverso: stitichezza, difficoltà motorie, pianto debole, eccessiva salivazione, sonnolenza e ridotta capacità di muoversi.

La terapia del botulismo richiede un intervento rapido. L’antitossina, somministrata entro le prime 24 ore, è in grado di bloccare l’avanzata della paralisi. Nei casi gravi i pazienti necessitano di ventilazione assistita e ricovero ospedaliero. Possono inoltre essere impiegati lassativi o indotta l’emesi per ridurre l’assorbimento della tossina ancora presente nell’intestino.

Il recupero, pur possibile, può richiedere settimane o mesi di riabilitazione. Un ritardo nelle cure aumenta il rischio di esiti permanenti o morte.

I diversi tipi di batterio sono stati associati a specifiche categorie alimentari:

  • Tipo A: conserve di verdure e carne.
  • Tipo B: prodotti a base di carne.
  • Tipo E: preparazioni ittiche.
  • Tipo F: conserve miste di carne e pesce.
Come prevenire il botulismo

La prevenzione resta l’arma principale. Nelle conserve fatte in casa è indispensabile rispettare le procedure di sterilizzazione, come la bollitura dei vasetti per almeno 10 minuti, e garantire acidità o contenuto di sale adeguato. Mai consumare prodotti che emanano cattivo odore o presentano contenitori gonfi.

Sono sicure le conserve acide (pomodori, sottaceti), quelle zuccherine (marmellate e confetture) o in salamoia con almeno il 10% di sale.

Particolare attenzione deve essere posta in gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino: vietato offrire miele ai lattanti, in quanto può contenere spore del batterio.

Il botulismo resta una minaccia rara ma reale, legata soprattutto alle tradizioni di conservazione domestica. In Italia, questa pratica è diffusa e spesso tramandata, soprattutto nel Sud, ed è alla base dell’elevata incidenza rispetto ad altri Paesi europei.

Poiché la tossina non altera l’aspetto o il sapore dei cibi, l’unico modo per proteggersi è rispettare con rigore le regole di preparazione e conservazione. In caso di dubbio, meglio non consumare l’alimento sospetto.

Per ridurre la possibilità di contaminazione è necessario seguire precise regole igieniche e di preparazione:

  • scegliere solo materie prime sane, senza ammaccature o parti danneggiate;
  • conservare le verdure in frigorifero per tempi brevi e ben coperte;
  • lavarsi accuratamente le mani, unghie comprese, prima della lavorazione;
  • lavare gli ortaggi in abbondante acqua, eliminando ogni traccia di terra, e asciugarli con panni puliti;
  • mantenere il piano di lavoro sempre igienizzato;
  • preferire contenitori di piccole dimensioni (300-500 ml), sterilizzati tramite bollitura di almeno 10 minuti;
  • nelle marmellate usare almeno il 50% di zucchero rispetto al peso della frutta;
  • cuocere i vegetali destinati a conserve sott’olio o al naturale in pentola a pressione per almeno 3 minuti, così da raggiungere i 120 °C necessari a distruggere le spore;
  • acidificare con aceto e conservare i barattoli sotto i 10 °C;
  • scartare conserve che presentino gonfiore del tappo, emissione di gas, bollicine o cattivo odore;
  • negli insaccati prestare attenzione a zone verdastre o maleodoranti, indizi di contaminazione;
  • nelle conserve di pesce eviscerare sempre gli animali subito dopo la pesca o l’acquisto;
  • in caso di sospetta contaminazione, utensili e strumenti devono essere disinfettati mediante bollitura o soluzioni a base di ipoclorito di sodio.


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