Cos'è la PAPP-A, a cosa serve, come si esegue l’esame, valori normali e anomali, fattori che influenzano i risultati e il suo ruolo nello screening prenatale del primo trimestre

La PAPP-A, o proteina plasmatica A associata alla gravidanza, è una glicoproteina prodotta in prevalenza dalla placenta nel corso della gestazione. Essa è presente nel sangue materno e la sua concentrazione aumenta progressivamente con l’avanzare della gravidanza.

Dal punto di vista biologico, la PAPP-A è un enzima appartenente alla famiglia delle metallo-proteasi, sintetizzato in particolare dalle cellule del sinciziotrofoblasto, lo strato placentare a diretto contatto con il sangue materno. Il suo compito principale consiste nel regolare la disponibilità dei fattori di crescita insulino-simili (IGF), elementi essenziali per il corretto sviluppo della placenta e del feto.

Esami di Laboratorio

Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. La PAPP-A rappresenta un importante modulatore della crescita e del metabolismo cellulare, con funzioni centrali nella placenta ma anche in altri tessuti, dove contribuisce al mantenimento e alla riparazione dell’organismo

Questa proteina agisce scindendo specifiche molecole che normalmente legano e inattivano gli IGF, come le IGFBP-4 e IGFBP-5. Attraverso questa azione, libera i fattori di crescita, rendendoli biologicamente attivi e favorendo così la proliferazione delle cellule placentari, la formazione dei vasi sanguigni e la crescita fetale.

La PAPP-A (Pappalysina-1), proteina prodotta principalmente dalla placenta durante la gravidanza, non è limitata solo al periodo gestazionale: essa è espressa anche in altri tessuti dell’organismo, come fibroblasti, osteoblasti, cellule endoteliali e cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni. Nella placenta, la proteina si trova anche nella decidua e nelle cellule trofoblastiche extravillose, che svolgono un ruolo cruciale nell’invasione del tessuto materno. A livello molecolare, la PAPP-A appartiene alla famiglia delle metallo-proteasi e presenta domini che le permettono di legarsi alla superficie cellulare attraverso i proteoglicani, localizzandosi così in prossimità dei recettori per i fattori di crescita insulino-simili (IGF).

Dal punto di vista fisiologico, la funzione principale di questa proteina consiste nel regolare la disponibilità degli IGF, fattori fondamentali per la crescita e lo sviluppo cellulare. La PAPP-A scinde infatti alcune proteine leganti gli IGF, in particolare l’IGFBP-4, liberando le molecole di IGF e consentendo loro di attivare i recettori specifici nelle cellule bersaglio. Questo processo avviene in prossimità della superficie cellulare, permettendo un’azione mirata ed efficace.

Al di fuori della gestazione, la proteina mantiene importanti funzioni in altri distretti corporei. Essa partecipa ai processi di rigenerazione tissutale, proliferazione cellulare e riparazione dei tessuti, oltre a essere coinvolta nella risposta infiammatoria e nei meccanismi cardiovascolari. Un’eccessiva attività della PAPP-A può favorire processi patologici, come una crescita cellulare incontrollata o fenomeni di angiogenesi anomala.

Per evitare un’attività enzimatica eccessiva, l’organismo possiede sistemi di controllo specifici: la proMBP (pro-big basic protein eosinofila) e le stanniocalcine (STC1 e STC2) agiscono come inibitori naturali della PAPP-A, limitandone l’azione e mantenendo l’equilibrio del sistema IGF.

Come interpretare i valori dell’esame: alta, bassa e valori normali

L’esame della proteina plasmatica A associata alla gravidanza viene utilizzato principalmente nel primo trimestre per valutare il corretto andamento della gestazione. I risultati vengono generalmente espressi in MoM (“Multipli della Mediana”), un’unità di misura che confronta il valore rilevato con quello medio atteso per la specifica settimana di gravidanza. Poiché i livelli di questa proteina aumentano con l’avanzare della gestazione, ogni valore deve essere interpretato in relazione all’età gestazionale e ai parametri di riferimento del laboratorio.

I valori considerati normali si collocano in genere tra 0,5 e 2,0 MoM, con 1,0 MoM come valore medio di riferimento. Scostamenti significativi da questa soglia possono indicare la necessità di ulteriori controlli, ma non rappresentano da soli una diagnosi di patologia.

Quando i valori risultano bassi — generalmente inferiori a 0,4-0,5 MoM o al 10° percentile della media — si può ipotizzare un rischio aumentato di complicazioni legate alla placenta o allo sviluppo fetale. Tali valori sono stati associati a condizioni come restrizione della crescita intrauterina (IUGR), parto pretermine, preeclampsia, perdita fetale intrauterina e, in alcuni casi, anomalie cromosomiche come la trisomia 21. La presenza di un valore ridotto non implica necessariamente che si verifichi una complicazione: serve piuttosto come indicatore per un monitoraggio clinico più accurato.

Al contrario, valori più alti del normalesuperiori a 2,0 MoM o al 95° percentile — hanno un significato meno definito. Nella maggior parte dei casi non si associano a rischi particolari se non sono accompagnati da altre alterazioni, anche se alcune ricerche hanno segnalato un possibile legame con condizioni come la placenta accreta o, più raramente, con un rischio leggermente aumentato di parto prematuro.

Valore PAPP-A (MoM)ClassificazioneSignificato fisiologicoPossibili patologie o condizioni associateSintomi o manifestazioni cliniche correlateNote cliniche e interpretative
< 0,2 MoMMolto basso / CriticoGrave riduzione della produzione placentare di PAPP-AElevato rischio di aborto spontaneo precoce

Perdita fetale intrauterina

Severa restrizione della crescita fetale (IUGR)

Gravi anomalie cromosomiche (es. trisomia 21, 18, 13)

Possibile assenza di battito fetale, crescita fetale assente o rallentata, sintomi di preeclampsiaNecessario monitoraggio immediato con ecografia e test genetici; spesso integrato con test combinato o NIPT
0,2 – 0,4 MoMBasso / SottosogliaRidotta attività placentare e scarsa disponibilità di fattori di crescita IGFRitardo di crescita intrauterina (IUGR)

Preeclampsia

Parto pretermine

Distacco placentare

Maggior rischio di basso peso alla nascita

Sintomi materni di ipertensione gestazionale, ridotta percezione dei movimenti fetaliValore considerato “di rischio” → richiede follow-up ecografico e monitoraggio flussi uterini
0,5 – 2,0 MoMNormale / FisiologicoProduzione placentare nella norma e corretta modulazione dei fattori IGFNessuna anomalia significativa

Gravidanza fisiologica

NessunoValori compresi in questo range indicano basso rischio di complicanze fetali o cromosomiche
2,0 – 3,0 MoMModeratamente altoElevata attività placentare; incremento della disponibilità di IGFTalvolta associato a placenta accreta (in alcuni studi)

Possibile aumento transitorio del rischio di parto prematuro

Di solito assenza di sintomiIn assenza di altri marcatori alterati, il valore alto isolato non ha rilevanza clinica significativa
> 3,0 MoMAlto / AnomaloIperproduzione di PAPP-A; possibile disregolazione della funzione trofoblasticaIn rari casi, placenta accreta o disturbi dell’impianto placentare

Possibile parto pretermine se coesistono altri fattori di rischio

Generalmente asintomaticaPuò richiedere un controllo ecografico aggiuntivo per valutare lo spessore e la posizione della placenta
In valori non gestazionali (donne non gravide)Rilevabile a basse concentrazioni in alcuni tessutiPAPP-A prodotta da fibroblasti, cellule vascolari e osteoblastiElevati livelli di PAPP-A possono essere associati a processi infiammatori cronici o malattie cardiovascolariDipende dalla patologia di base (es. dolore toracico, infiammazione)Non usato routinariamente al di fuori della gravidanza, ma studiato come biomarcatore cardiovascolare

Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?

L’esame è un test di laboratorio di semplice esecuzione ma di grande rilievo clinico, eseguito nel contesto dello screening prenatale del primo trimestre. Il suo obiettivo è valutare la funzionalità della placenta e, insieme ad altri parametri, stimare il rischio di anomalie cromosomiche e di possibili complicazioni della gravidanza.

L’esame consiste in un prelievo di sangue venoso materno, analizzato mediante tecniche di immunoanalisi come ELISA o chemiluminescenza, che consentono di misurare la concentrazione di PAPP-A nel siero. Viene effettuato generalmente tra la 11ª e la 13ª settimana + 6 giorni di gestazione, periodo in cui i livelli di questa proteina rispecchiano in modo più accurato la salute della placenta. Se eseguito al di fuori di questa finestra temporale, il risultato può risultare meno affidabile poiché la concentrazione della PAPP-A varia rapidamente nel tempo.

Il test non richiede alcuna preparazione specifica: è sufficiente un normale prelievo di sangue. I risultati non vengono interpretati isolatamente, ma in combinazione con altri parametri come la β-hCG libera, l’età materna e la translucenza nucale misurata ecograficamente. L’insieme di questi dati costituisce il Bi-Test o screening combinato del primo trimestre, uno strumento fondamentale per la valutazione precoce del rischio di anomalie fetali.

Il dosaggio della PAPP-A è richiesto di routine a tutte le donne in gravidanza nel primo trimestre, soprattutto per identificare il rischio di trisomia 21 (Sindrome di Down), trisomia 18 (Sindrome di Edwards) e trisomia 13 (Sindrome di Patau). È inoltre utile per monitorare la funzione placentare e prevenire complicanze come ritardo di crescita intrauterina, preeclampsia, parto pretermine o distacco di placenta. In alcune situazioni, viene richiesto in modo mirato, ad esempio in caso di gravidanze a rischio, precedenti aborti spontanei, ipertensione gravidica o gravidanze gemellari.

I risultati dell’esame sono solitamente disponibili entro 2–4 giorni lavorativi e vengono espressi in MoM (Multipli della Mediana), un’unità di misura che tiene conto dell’età gestazionale. In presenza di valori anomali, il ginecologo può raccomandare ulteriori approfondimenti diagnostici, come il test del DNA fetale (NIPT), la villocentesi o l’amniocentesi, in base al livello di rischio riscontrato.

Fattori che influenzano l’esame

I valori possono essere influenzati da molteplici fattori biologici, fisiologici e tecnici, che è necessario considerare per una corretta interpretazione del test, poiché alterazioni nei risultati non riflettono necessariamente patologie fetali o placentari.

Tra i principali fattori vi è l’età gestazionale, poiché i livelli di PAPP-A aumentano rapidamente tra la 11ª e la 13ª settimana di gravidanza; un prelievo effettuato troppo presto o troppo tardi può fornire valori non rappresentativi. Anche il peso e l’indice di massa corporea (BMI) materno può influenzare i risultati, con valori leggermente più bassi in caso di BMI elevato, per effetto di diluizione plasmatica, e spesso si applicano correzioni statistiche.

Il fumo di sigaretta può ridurre i livelli di PAPP-A, mentre altri fattori legati allo stile di vita, come l’alimentazione o attività fisica intensa, possono avere un effetto marginale. L’età materna incide indirettamente sul rischio di anomalie cromosomiche, pur non modificando direttamente i valori di PAPP-A, ed è comunque considerata nella valutazione complessiva del Bi-Test.

Le gravidanze multiple tendono a presentare valori di PAPP-A più bassi per singolo feto, richiedendo correzioni specifiche nei calcoli del rischio. Alcune patologie materne (diabete, ipertensione cronica) o farmaci che influenzano il metabolismo placentare possono alterare i livelli della proteina.

Anche aspetti tecnici come differenze nei laboratori, nei kit diagnostici o nei metodi di analisi (ELISA o chemiluminescenza), nonché fattori preanalitici come tempi di conservazione e trasporto del campione, possono incidere sui risultati.



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