La depressione emerge come un fattore di rischio modificabile che può compromettere il recupero post-operatorio e aumentare i costi sanitari
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno evidenziato come la depressione costituisca un fattore di rischio rilevante per complicanze post-operatorie e per l’incremento dei costi sanitari associati agli interventi chirurgici. Uno studio recente, presentato al Congresso Clinico 2025 dell’American College of Surgeons (ACS) a Chicago, ha analizzato il ruolo della depressione nei pazienti affetti da cancro colorettale, epatobiliare e pancreatico, mettendo in luce le conseguenze cliniche ed economiche di questa condizione psichica. La ricerca, condotta dall’Ohio State University Wexner Medical Center, ha utilizzato i dati del database SEER-Medicare, concentrandosi su individui con diagnosi di depressione prima dell’intervento chirurgico e confrontandoli con pazienti senza depressione.

L’adozione di strategie integrate, che combinino valutazione psichiatrica, terapia farmacologica e supporto psicologico, può ottimizzare gli esiti chirurgici e garantire una maggiore efficienza economica nel trattamento dei pazienti oncologici
Effetti della depressione sugli esiti chirurgici
Lo studio ha incluso un totale di 32.726 pazienti, dei quali 1.731 erano stati diagnosticati con depressione. Tra questi, 1.253 avevano ricevuto prescrizioni di antidepressivi, mentre 478 non erano stati trattati farmacologicamente. I dati hanno evidenziato che la depressione, sia essa trattata o meno, è correlata a un aumento delle complicanze post-operatorie, a degenze ospedaliere più lunghe, a un maggior rischio di riammissione entro 90 giorni e a una mortalità più elevata. I pazienti con depressione trattata con antidepressivi hanno mostrato risultati clinici migliori rispetto a quelli non trattati, con una riduzione significativa della durata della degenza e dei tassi di riammissione, dimostrando l’efficacia del trattamento antidepressivo nel migliorare la resilienza chirurgica.
La depressione è strettamente correlata a molteplici complicanze nei pazienti chirurgici e critici. Studi recenti hanno evidenziato che il dolore cronico può alterare la connettività sinaptica nella corteccia prefrontale e nell’ippocampo, nonché la segnalazione dopaminergica dall’area tegmentale ventrale, contribuendo all’insorgenza di sintomi depressivi. Inoltre, disfunzioni nel sistema serotoninergico (5-HT) sembrano svolgere un ruolo significativo nella patofisiologia sia del dolore sia della depressione, modulando anche l’associazione tra polimorfismi genetici e depressione post-interventi chirurgici della colonna lombare.
Impatto economico della depressione
L’analisi dei costi post-operatori ha confermato che la depressione incide anche sulle spese sanitarie. I pazienti senza depressione hanno avuto un costo medio di assistenza pari a $17.551, mentre i pazienti con depressione trattata hanno registrato costi medi di $22.086 (incremento del 7,3%) e quelli con depressione non trattata $24.897 (incremento del 10,2%). Questi dati evidenziano come una gestione adeguata della depressione possa non solo migliorare gli esiti clinici, ma anche ridurre in maniera significativa l’onere economico per il sistema sanitario.
Implicazioni per la gestione clinica
I risultati della ricerca sottolineano la necessità di includere la valutazione della salute mentale nei protocolli pre-operatori. Lo screening precoce della depressione nei pazienti oncologici consente di identificare tempestivamente chi potrebbe beneficiare di un trattamento farmacologico o psicoterapico, riducendo i rischi di complicanze chirurgiche. L’integrazione di interventi psichiatrici nella gestione pre-operatoria rappresenta quindi un approccio strategico per migliorare gli esiti clinici e contenere i costi associati.
Il delirium post-operatorio, caratterizzato da alterazioni acute dello stato mentale e attenzione compromessa, si manifesta in una percentuale compresa tra il 15 e il 53% dei pazienti chirurgici over 65 anni ed è associato a elevata morbidità e mortalità. La depressione pre-operatoria rappresenta un fattore di rischio indipendente per il delirium, determinandone una maggiore durata e un recupero incompleto delle funzioni autonome dopo l’intervento.
Nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, la depressione è comune e può persistere anche dopo la dimissione. Studi hanno riportato un’incidenza di depressione tra il 13,7% e il 47% nei mesi successivi al ricovero in ICU, con sintomi depressivi precoci che aumentano il rischio di complicanze psicologiche a lungo termine e riducono la qualità della vita. L’ottimismo è stato identificato come fattore protettivo contro ansia e depressione, mentre interventi psicologici mirati durante la degenza possono favorire il recupero.
Nei pazienti diabetici, la depressione aumenta il rischio di complicanze e di ricovero in terapia intensiva, in particolare nei soggetti con neuropatia o nefropatia. Analogamente, depressione e ansia precedenti a infarti o ictus sono associate a maggiori complicanze cardiovascolari e mortalità, suggerendo che il trattamento precoce della depressione possa ridurre eventi avversi e costi sanitari.
La depressione influisce inoltre sulla mortalità chirurgica. Nei pazienti con patologie cardiache, tumori o altre condizioni, la presenza di depressione e ansia aumenta il rischio di morte post-operatoria. Tra i fattori coinvolti vi sono la scarsa adesione alle raccomandazioni mediche, uno stile di vita non salutare, ritardi nella diagnosi o nel trattamento e accesso a cure chirurgiche di qualità inferiore.
Infine, la depressione è fortemente associata al rischio di suicidio, particolarmente nei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica. La percentuale di suicidi completati tra questi pazienti è superiore a quella della popolazione generale, evidenziando l’importanza di monitorare e trattare i sintomi depressivi sia prima sia dopo l’intervento. Sebbene molti pazienti mostrino un miglioramento della depressione dopo la chirurgia bariatrica, per alcuni i sintomi persistono e richiedono un’attenzione continuativa.
Nei candidati alla chirurgia bariatrica, l’analisi della depressione è complicata da limitazioni metodologiche, come l’assenza di gruppi di controllo definiti, la mancanza di randomizzazione e l’utilizzo di strumenti psicometrici subottimali. I questionari di autovalutazione possono risultare influenzati da variabili confondenti rispetto a sintomi confermati attraverso interviste cliniche.
Studi epidemiologici su quasi 40.000 individui hanno evidenziato che le persone con BMI ≥40 kg/m² hanno una probabilità quasi cinque volte maggiore di aver vissuto un episodio di depressione maggiore nell’ultimo anno rispetto a individui con peso nella norma. Questi dati indicano chiaramente che le persone con obesità estrema sono più vulnerabili alla depressione, anche se i fattori responsabili di questa suscettibilità non sono del tutto definiti. Tra i possibili contributi vi sono la stigmatizzazione legata al peso e il disagio emotivo derivante dalle complicanze mediche associate all’obesità grave.