Cos'è la proteinuria, come si esegue l'esame delle proteine nelle urine, i valori normali e patologici, le cause, i fattori che influenzano i risultati e l'importanza clinica per la salute renale

La proteinuria consiste nella presenza di un’eccessiva quantità di proteine nelle urine, superiore ai valori fisiologici, che normalmente non dovrebbero oltrepassare circa 150 milligrammi al giorno. Questa condizione non rappresenta una malattia in sé, ma è un segnale clinico che indica un possibile malfunzionamento dei reni, in particolare delle loro strutture filtranti, i glomeruli, o dei tubuli renali.

Nel normale processo di filtrazione, il sangue attraversa i glomeruli, membrane sottilissime che permettono il passaggio delle sostanze di scarto come urea e sali minerali, trattenendo però quelle utili, tra cui le proteine come l’albumina, che vengono poi restituite al circolo sanguigno. Quando questo meccanismo si altera — a causa di patologie renali, infiammazioni, ipertensione arteriosa o diabete — i glomeruli possono diventare più permeabili e consentire il passaggio di proteine nelle urine.

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Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. La proteinuria è un segnale clinico di alterazione della funzione renale, indicativo di un’anomala perdita di proteine nelle urine dovuta a danni ai glomeruli o ai tubuli

La proteinuria può manifestarsi anche quando i tubuli renali non riescono a riassorbire correttamente le proteine già filtrate, oppure in situazioni di sovraccarico proteico nel sangue, come avviene in alcune malattie ematologiche, che portano a un eccesso di proteine circolanti.

Nel processo di formazione dell’urina, una piccola quantità di proteine può attraversare il filtro renale e raggiungere il filtrato glomerulare. Tale filtrazione avviene nei glomeruli, dove il sangue viene depurato dalle sostanze di scarto e dall’acqua in eccesso. Le proteine di grandi dimensioni o con cariche specifiche, tuttavia, vengono trattenute dalle barriere di permeabilità selettiva costituite da endotelio, membrana basale e podociti, che impediscono un’eccessiva perdita proteica.

Le proteine che riescono a passare nel filtrato vengono poi quasi completamente riassorbite nei tubuli prossimali del nefrone, evitando che vengano eliminate con l’urina. Questo avviene attraverso un meccanismo altamente specializzato che coinvolge recettori cellulari come megalina e cubilina, i quali riconoscono e inglobano le molecole proteiche mediante endocitosi. Una volta all’interno delle cellule tubulari, le proteine vengono scomposte nei lisosomi in amminoacidi o piccoli peptidi, successivamente rilasciati nel circolo sanguigno attraverso la parete basolaterale delle cellule.

Grazie a questo processo, circa il 99% delle proteine filtrate viene recuperato e restituito all’organismo, mentre solo una minima parte viene eliminata con l’urina in condizioni fisiologiche.

Dal punto di vista funzionale, tale meccanismo svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio proteico. Evita la perdita di sostanze indispensabili alla nutrizione e al bilancio azotato, contribuisce alla regolazione della concentrazione delle proteine plasmatiche, e consente il riciclo metabolico degli amminoacidi, che possono essere riutilizzati per la sintesi di nuove proteine. Inoltre, protegge l’organismo da perdite patologiche: alterazioni di questo sistema, come danni ai tubuli o mutazioni nei recettori coinvolti, possono infatti determinare una proteinuria tubulare, segno di un difetto nel riassorbimento proteico.

Come interpretare i valori dell’esame: alte, basse e valori normali

L’interpretazione dei valori delle proteine nelle urine permette di valutare l’efficienza del rene nel filtrare e trattenere le proteine plasmatiche. In condizioni normali, l’escrezione proteica nelle 24 ore non supera i 150 mg, mentre i valori di albumina inferiori a 30 mg/g di creatinina indicano una funzione renale regolare.

Quando i valori risultano moderatamente aumentati (tra 150 e 500 mg/24 h o tra 30 e 300 mg/g di creatinina), si può sospettare un’alterazione iniziale della barriera glomerulare o del riassorbimento tubulare, che rappresenta spesso il primo segnale di una possibile sofferenza renale.

Valori elevati o patologici (oltre 500 mg/24 h o 300 mg/g di creatinina) segnalano una perdita proteica anomala, indicativa di proteinuria significativa. Nei casi più gravi, come nella sindrome nefrosica, la perdita può superare i 3,5 grammi al giorno, rivelando un danno renale marcato.

Tipo di misurazioneValori di riferimentoSintomi possibiliPatologie associateNote aggiuntive
Escrezione totale proteica 24 h< 150 mg/24 hAsintomaticoFunzione renale normaleValori fisiologici; perdita minima di proteine
150–500 mg/24 hSpesso assente; talvolta edema lieveProteinuria iniziale, danno glomerulare lieveIndicativo di alterazione precoce della barriera renale
> 500 mg/24 hEdema, stanchezza, possibile ipertensioneMalattie glomerulari, nefropatia diabetica, ipertensione renaleProteinuria significativa; richiede approfondimento diagnostico
> 3,5 g/24 hEdema diffuso, ascite, ipoalbuminemia, iperlipidemiaSindrome nefrosicaForma grave; indica danno renale marcato
Albuminuria (AER, mg/g creatinina)< 30 mg/gAsintomaticoNormaleValore fisiologico; screening in popolazione a rischio
30–300 mg/gSpesso assenteMicroalbuminuria, nefropatia diabetica precoceMonitoraggio consigliato; possibile segnale precoce di malattia renale
> 300 mg/gEdema possibileMacroalbuminuria, malattie glomerulari avanzateSegnale di malattia renale significativa; richiede intervento
Campione urinario casuale (dipstick)0–14 mg/dLAsintomaticoNormaleTest rapido; sensibile ma meno specifico
> 14 mg/dL (dipstick positivo)Talvolta edema o altri segni di malattia renaleProteinuria patologicaNecessaria conferma con raccolta 24 h o rapporto proteine/creatinina

Un semplice test con striscia reattiva (dipstick) può dare un’indicazione preliminare della presenza di proteine nelle urine, ma per una valutazione accurata è necessario confermare il risultato con analisi quantitative (raccolta delle 24 ore o rapporto proteine/creatinina).

La proteinuria può essere classificata in diverse tipologie in base alla durata e alla gravità. Le forme transitorie o intermittenti compaiono in condizioni temporanee come febbre, sforzo fisico intenso, stress o disidratazione e regrediscono spontaneamente. La proteinuria ortostatica, più comune nei giovani, si manifesta durante il giorno a causa della posizione eretta ma è assente di notte ed è generalmente benigna. La proteinuria persistente o cronica indica una perdita proteica duratura, spesso associata a malattie renali croniche. Infine, la sindrome nefrosica rappresenta una forma grave caratterizzata da proteinuria superiore a 3,5 g/24 h, accompagnata da ipoalbuminemia, edemi e iperlipidemia, segnalando un danno renale significativo.

Tipologia di proteinuriaCaratteristiche principaliValori tipiciSintomi possibiliImplicazioni cliniche
Transitoria / IntermittenteComparsa temporanea dovuta a febbre, sforzo fisico, stress o disidratazione< 150 mg/24 hDi solito assenteGeneralmente benigna; regredisce spontaneamente
OrtostaticaPiù frequente nei giovani; presente di giorno, assente di notteVariabile, spesso lieveNessunoBenigna; non richiede trattamento
Persistente / CronicaProteinuria duratura nel tempo150–500 mg/24 hTalvolta edema lieveSegnale di malattia renale cronica; richiede monitoraggio
Sindrome nefrosicaProteinuria massiva (>3,5 g/24 h), ipoalbuminemia, edemi, iperlipidemia> 3,5 g/24 hEdemi diffusi, stanchezza, aumento del rischio tromboticoForma grave; indica danno glomerulare significativo; richiede intervento medico

Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?

L’esame, finalizzato a individuare la proteinuria, può essere eseguito tramite diverse metodiche a seconda della precisione richiesta. Una prima modalità è il test rapido con striscia reattiva (dipstick), qualitativo o semi-quantitativo, che viene effettuato su un campione di urina fresca, generalmente raccolto al mattino. Questo metodo è semplice e veloce, ma può produrre falsi positivi o negativi a causa di concentrazione urinaria, pH o presenza di proteine a basso peso molecolare.

Un metodo più preciso è la raccolta delle urine per 24 ore, che consente di quantificare accuratamente la quantità totale di proteine eliminate e rappresenta il gold standard per la misurazione della proteinuria. In alternativa, è possibile utilizzare il rapporto proteine/creatinina su campione spot, che permette di stimare la proteinuria totale senza la raccolta completa delle 24 ore, risultando particolarmente utile per il monitoraggio di pazienti cronici o diabetici.

L’esame viene richiesto in varie circostanze cliniche, tra cui lo screening di routine in soggetti a rischio di malattie renali (ipertensione, diabete, familiarità), il monitoraggio di malattie renali già diagnosticate, la valutazione di sintomi sospetti come edema o ipertensione, il controllo in pazienti sottoposti a farmaci nefrotossici e il monitoraggio di patologie sistemiche come lupus eritematoso sistemico o mieloma multiplo.

Fattori che influenzano l’esame

I risultati dell’esame possono essere influenzati da diversi fattori che ne alterano l’accuratezza. Tra i fattori fisiologici temporanei si annoverano l’attività fisica intensa, la febbre, le infezioni acute, lo stress emotivo e la posizione corporea, che possono determinare aumenti transitori della proteinuria, come nel caso della proteinuria ortostatica.

Altri fattori legati all’urina includono la concentrazione urinaria, che può generare falsi positivi se l’urina è molto concentrata o falsi negativi se diluita, il pH urinario e la presenza di sostanze chimiche o sangue nelle urine, che possono interferire con i test rapidi.

I fattori patologici comprendono malattie sistemiche come diabete, ipertensione, lupus eritematoso e mieloma multiplo, oltre a alterazioni renali temporanee o croniche, come glomerulopatie e tubulopatie, che incidono direttamente sulla quantità di proteine eliminate.

Infine, i fattori tecnici, come modalità di raccolta non corrette o l’uso di test qualitativi invece che quantitativi, possono compromettere l’affidabilità dei risultati. Per garantire valori attendibili è consigliato raccogliere l’urina in condizioni standard, ad esempio il primo campione del mattino o la raccolta completa delle 24 ore, e confermare eventuali risultati anomali con metodi quantitativi.


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