Gli autoanticorpi tiroidei sono proteine del sistema immunitario che attaccano la tiroide, causando malattie autoimmuni come Hashimoto e Basedow. Come si esegue l’esame, quando viene richiesto e come interpretare i risultati.

Gli autoanticorpi tiroidei sono sostanze prodotte dal sistema immunitario che, in alcune circostanze, finiscono per agire contro la stessa tiroide, una ghiandola fondamentale situata alla base del collo e responsabile della produzione di ormoni che regolano numerose funzioni del corpo. Normalmente, gli anticorpi hanno il compito di difendere l’organismo da minacce esterne come virus e batteri. Nelle malattie autoimmuni, il sistema immunitario può smettere di riconoscere correttamente le cellule proprie dell’organismo e inizia ad attaccarle come se fossero estranee.

Nel caso della tiroide, esistono diversi tipi di autoanticorpi che possono interferire con il suo corretto funzionamento. I più comuni sono gli anti-TPO, che si dirigono contro un enzima essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei e che sono spesso presenti in patologie come la tiroidite di Hashimoto o il morbo di Basedow. Ci sono poi gli anti-Tg, che colpiscono la tireoglobulina, una proteina prodotta dalla tiroide e coinvolta anch’essa nella sintesi degli ormoni; anche questi sono frequenti nei disturbi autoimmuni, in particolare nella tiroidite di Hashimoto. Infine, ci sono i TRAb, autoanticorpi che si legano al recettore del TSH, l’ormone che stimola la tiroide, e ne alterano il funzionamento: possono attivarlo in modo eccessivo o bloccarlo, portando a condizioni come l’ipertiroidismo nel morbo di Basedow.

Esami di Laboratorio

Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. Gli autoanticorpi tiroidei rappresentano un’anomalia del sistema immunitario e sono alla base di varie malattie autoimmuni della tiroide. Nonostante la loro natura dannosa, sono utili dal punto di vista medico perché permettono di riconoscere e monitorare precocemente queste patologie

Questi autoanticorpi sono importanti dal punto di vista diagnostico perché aiutano a riconoscere la natura autoimmune di molte malattie della tiroide. La loro presenza permette non solo di confermare una diagnosi, ma anche di seguire l’evoluzione della malattia nel tempo e valutare se i trattamenti stanno funzionando. Inoltre, sono utili per indagare casi di ipotiroidismo o ipertiroidismo che non derivano da alterazioni visibili della ghiandola stessa. In ambito ostetrico, la loro rilevazione può essere indicata anche in gravidanza, poiché alcune condizioni autoimmuni della tiroide, se non controllate, possono comportare rischi sia per la madre sia per il bambino.

Questi autoanticorpi non hanno un ruolo funzionale naturale nell’organismo, si sviluppano in modo anomalo e finiscono per colpire erroneamente strutture proprie dell’organismo, in particolare la tiroide. La loro presenza è legata a condizioni patologiche, in particolare alle malattie autoimmuni.

Dal punto di vista anatomico, gli autoanticorpi tiroidei si rivolgono verso molecole specifiche prodotte dalla tiroide, una ghiandola endocrina situata nella parte anteriore del collo. I principali bersagli sono: la tireoperossidasi, un enzima necessario alla produzione degli ormoni tiroidei (colpita dagli anticorpi anti-TPO); la tireoglobulina, una proteina coinvolta nella sintesi degli ormoni (bersaglio degli anti-Tg); e il recettore del TSH, fondamentale per la regolazione dell’attività tiroidea, preso di mira dagli anticorpi TRAb.

Questi autoanticorpi, quindi, non hanno una funzione utile, ma al contrario causano danni. Possono alterare il corretto funzionamento della tiroide, portando alla distruzione delle sue cellule o alla loro iperattivazione. In questo modo, contribuiscono allo sviluppo di disturbi ormonali come l’ipotiroidismo, quando la ghiandola rallenta, o l’ipertiroidismo, quando lavora eccessivamente. A lungo andare, possono provocare infiammazioni croniche, ingrossamento della tiroide (gozzo), fibrosi o riduzione del tessuto tiroideo.

Come interpretare i valori dell’esame: alti, bassi e normali

L’interpretazione dei valori degli autoanticorpi tiroidei dipende dal tipo di anticorpo analizzato e dal quadro clinico complessivo del paziente. Ogni laboratorio può utilizzare intervalli di riferimento leggermente diversi, per cui è fondamentale che i risultati vengano sempre valutati da un medico specialista.

Gli anticorpi anti-TPO, quando si mantengono entro i valori normali (di solito inferiori a 35 UI/mL), non indicano la presenza di patologie autoimmuni. Valori elevati, invece, sono spesso associati a malattie come la tiroidite di Hashimoto o il morbo di Basedow. In assenza o con livelli molto bassi, non si rileva solitamente alcuna alterazione clinicamente rilevante.

Gli anticorpi anti-Tg hanno un valore di riferimento che generalmente non supera i 40 UI/mL. Se presenti in quantità superiori, possono essere indice di una tiroidite autoimmune, in particolare quella di Hashimoto, oppure, in alcuni casi, di patologie tiroidee di natura tumorale. Anche in questo caso, la loro assenza è ritenuta fisiologica e priva di significato patologico.

Per quanto riguarda i TRAb, anticorpi diretti contro il recettore del TSH, un valore normale si colloca di solito al di sotto di 1,75 UI/L. Un aumento significativo di questi anticorpi è considerato un marker tipico del morbo di Basedow, una delle principali cause di ipertiroidismo su base autoimmune. Quando i valori rientrano nella norma, è improbabile che vi sia un’attività autoimmune in atto contro questo recettore.

In generale, valori normali o bassi degli autoanticorpi tiroidei indicano una bassa probabilità di malattie autoimmuni della tiroide. Valori elevati, invece, suggeriscono la possibile presenza di una patologia autoimmune attiva o latente. Un aumento degli autoanticorpi non corrisponde sempre a una malattia clinicamente manifesta, ma può rappresentare una predisposizione o una fase iniziale del disturbo.

AutoanticorpoValori di riferimentoValori alti: sintomiPatologie correlateNote aggiuntive
Anti-TPO (anti-tireoperossidasi)< 35 UI/mL (può variare)Stanchezza, aumento di peso, pelle secca, freddolosità, gonfiore al collo 

Tiroidite di Hashimoto

Morbo di Basedow

Anticorpo più sensibile per le patologie autoimmuni tiroidee. Può essere elevato anche in soggetti asintomatici.
Anti-Tg (anti-tireoglobulina)< 40 UI/mL (può variare)Simili a quelli dell’ipotiroidismo o ipertiroidismo, se associati ad altre alterazioni 

Tiroidite di Hashimoto

Neoplasie tiroidee (raro)

Morbo di Basedow (meno frequente)

Meno specifico degli anti-TPO. Spesso usato in combinazione con altri esami. Utile anche nel follow-up del carcinoma differenziato della tiroide.
TRAb (anticorpi anti-recettore del TSH)< 1,75 UI/L (range medio)Nervosismo, tachicardia, perdita di peso, tremori, intolleranza al caldo, esoftalmoMorbo di Basedow

Ipotiroidismo autoimmune (se bloccanti)

Possono essere stimolanti (ipertiroidismo) o bloccanti (ipotiroidismo). Indispensabili per la diagnosi differenziale nei disturbi tiroidei autoimmuni. Importanti anche in gravidanza.

Inoltre, questi valori devono essere interpretati insieme ad altri dati diagnostici, come i livelli ormonali (TSH, FT3, FT4), eventuali immagini ecografiche e i sintomi riferiti dal paziente.

Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?

L’esame degli autoanticorpi tiroidei viene eseguito tramite un semplice prelievo di sangue venoso, di solito effettuato a livello del braccio. Il campione viene poi analizzato in laboratorio per misurare la presenza e i livelli di specifici anticorpi legati a malattie autoimmuni della tiroide, tra cui gli anti-TPO, gli anti-Tg e i TRAb. Si tratta di un test non invasivo, rapido e comunemente disponibile nei centri di analisi.

Di norma, non è richiesta una preparazione specifica prima dell’esame: nella maggior parte dei casi, non è necessario il digiuno. È consigliabile seguire le istruzioni fornite dal laboratorio e informare il medico riguardo eventuali farmaci in uso, in particolare se si assumono terapie ormonali o immunosoppressive, che potrebbero influenzare l’esito dell’analisi.

L’esame risulta utile anche nel monitoraggio clinico di pazienti già diagnosticati con malattie della tiroide, per valutare l’evoluzione del disturbo o l’efficacia delle terapie. Durante la gravidanza, è spesso prescritto alle donne con una storia di problemi tiroidei, al fine di prevenire eventuali complicazioni per la madre o per il nascituro. Può essere indicato, infine, anche in presenza di gozzo o noduli tiroidei, per escludere o confermare una componente autoimmune.

Fattori che influenzano l’esame

I risultati dell’esame degli autoanticorpi tiroidei possono essere influenzati da diversi fattori che ne modificano l’accuratezza e la rilevanza clinica. Tra questi, le terapie farmacologiche, in particolare i farmaci che agiscono sul sistema immunitario o i trattamenti ormonali tiroidei, possono alterare i livelli degli anticorpi. Anche condizioni fisiologiche come la gravidanza, così come eventi stressanti o infezioni, possono temporaneamente modificare i valori rilevati. La presenza di altre malattie autoimmuni o infiammatorie può interferire con la produzione o la rilevazione degli autoanticorpi tiroidei. Inoltre, età e sesso influenzano la prevalenza e i livelli di questi anticorpi, che risultano più frequenti nelle donne. Va considerato anche che le diverse tecniche di laboratorio possono causare variazioni nei valori di riferimento e nelle misurazioni. Infine, i livelli degli autoanticorpi possono variare nel tempo, con fasi di aumento o diminuzione in base all’evoluzione della malattia o a periodi di remissione. Per queste ragioni, l’interpretazione dei risultati deve sempre avvenire nel contesto clinico globale, valutando tutti i fattori che possono influenzarne l’esito.



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