Cos'è l'ADH, meglio noto come vasopressina, a cosa serve, come si esegue l'esame, i valori normali, alti e bassi, le patologie correlate e i fattori che ne influenzano i livelli nel sangue
L’ormone antidiuretico (ADH), conosciuto anche come vasopressina, è una sostanza di natura peptidica prodotta nell’ipotalamo e rilasciata dalla neuroipofisi. La sua funzione principale è quella di partecipare ai meccanismi che regolano il bilancio dei liquidi e la pressione sanguigna.
Il suo ruolo più importante riguarda il mantenimento dell’equilibrio idrico: in situazioni di disidratazione o quando la concentrazione di soluti nel sangue aumenta, l’ormone stimola i reni a riassorbire acqua, riducendo così la quantità di urina prodotta e rendendola più concentrata. Questo processo permette di limitare le perdite di liquidi e di preservare le riserve idriche dell’organismo.
In condizioni particolari, come forti emorragie o cali significativi di volume sanguigno, l’ormone esercita anche un effetto vasocostrittore, restringendo i vasi sanguigni e contribuendo così ad aumentare la pressione arteriosa.

Valori normali, quando e come, perché viene richiesto questo esame. L’ADH svolge un ruolo fondamentale nella conservazione dell’acqua e, quando necessario, nel sostegno della pressione circolatoria, assicurando l’equilibrio complessivo dei fluidi e la stabilità del sistema cardiovascolare
La vasopressina, è un ormone peptidico prodotto dai neuroni magnocellulari dei nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotalamo e rilasciato dalla neuroipofisi. La sua secrezione è stimolata principalmente da un aumento dell’osmolarità plasmatica o da una riduzione del volume ematico, ma può essere influenzata anche da dolore, nausea, angiotensina II o farmaci, mentre sostanze come alcol e peptide natriuretico atriale ne inibiscono il rilascio.
Agisce legandosi a recettori specifici distribuiti in diversi tessuti: i recettori V₂ nei tubuli collettori renali favoriscono il riassorbimento dell’acqua attraverso l’inserimento di canali acquaporina 2 nella membrana cellulare, mentre i recettori V₁a sui vasi sanguigni provocano vasocostrizione, contribuendo a mantenere la pressione arteriosa.
La sua funzione principale consiste nel conservare l’acqua e regolare il bilancio idrico, consentendo la produzione di un’urina concentrata e limitando le perdite di liquidi. Inoltre, partecipa al controllo della pressione arteriosa, in particolare in condizioni di ipovolemia, e supporta la perfusione degli organi vitali. Oltre agli effetti classici, l’ormone svolge ruoli nel sistema nervoso centrale, influenzando comportamenti sociali, memoria e risposta allo stress, e può modulare il rilascio di altri ormoni e processi metabolici, come la glicogenolisi e la gluconeogenesi.
Come interpretare i valori dell’esame: alta, bassa e valori normali
L’esame dei livelli vasopressina nel sangue consente di valutare l’equilibrio idrico e la funzione renale, poiché la concentrazione dell’ormone dipende da fattori come osmolarità plasmatica, volume ematico e pressione arteriosa. La corretta interpretazione dei valori è fondamentale per identificare disturbi come il diabete insipido o la sindrome da secrezione inappropriata di ADH (SIADH).
I valori considerati normali variano tra i laboratori, ma generalmente si collocano tra 0,5 e 7,6 pg/mL. Valori superiori alla norma possono indicare condizioni caratterizzate da ritenzione idrica e iponatriemia, come la SIADH, insufficienza cardiaca congestizia, sindrome nefrosica o l’effetto di alcuni farmaci. Al contrario, livelli ridotti possono riflettere carenze nella produzione dell’ormone, come nel diabete insipido centrale, o un’insensibilità renale all’ADH, come nel diabete insipido nefrogenico, e talvolta insufficiente compenso in caso di disidratazione.
| Livello di ADH | Valori di riferimento | Sintomi principali | Patologie associate | Note aggiuntive |
|---|---|---|---|---|
| Normale | 0,5 – 7,6 pg/mL | Nessuno specifico; equilibrio idrico normale | Nessuna | Valori normali indicano una regolazione fisiologica adeguata della ritenzione idrica e della pressione arteriosa. I valori possono variare leggermente tra laboratori. |
| Elevato (IperADH) | >7,6 pg/mL | Ritenzione idrica, gonfiore, riduzione della produzione di urina, possibili sintomi da iponatriemia (nausea, cefalea, confusione, nei casi gravi convulsioni) | SIADH, insufficienza cardiaca congestizia, sindrome nefrosica, effetti di alcuni farmaci (antidepressivi, diuretici, farmaci SNC) | L’eccesso di ADH provoca accumulo di acqua e diluizione del sodio plasmatico. Fondamentale valutare osmolarità plasmatica e stato di idratazione. |
| Basso (Ipoadiureticità) | <0,5 pg/mL | Poliuria, sete intensa, disidratazione, secchezza delle mucose | Diabete insipido centrale, diabete insipido nefrogenico, iposensibilità renale all’ADH, insufficiente risposta compensatoria in disidratazione | La carenza di ADH impedisce il riassorbimento dell’acqua nei tubuli renali, portando a urina diluita e perdita eccessiva di liquidi. È importante differenziare tra cause centrali e renali. |
L’interpretazione clinica dei valori deve tener conto dell’osmolarità plasmatica, del volume ematico e della pressione arteriosa, poiché questi parametri influenzano direttamente la secrezione dell’ormone.
Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?
L’esame per il dosaggio della vasopressina viene effettuato mediante un prelievo di sangue venoso e consente di valutare l’equilibrio idrico e la funzione renale, supportando la diagnosi di disturbi come il diabete insipido o la sindrome da secrezione inappropriata di ADH (SIADH).
Il test richiede generalmente il digiuno di almeno otto ore, con la possibilità di assumere piccole quantità di acqua, e viene eseguito preferibilmente al mattino, poiché i livelli di ADH possono variare durante la giornata. Dopo il prelievo, il plasma deve essere separato e conservato congelato per garantire l’affidabilità dei risultati.
L’esame viene richiesto in presenza di sintomi di squilibrio idrico o elettrolitico, come sete intensa, poliuria, gonfiore o edema, oppure per distinguere tra diabete insipido centrale e nefrogenico, verificare sospetti di SIADH, valutare cause di iponatriemia non spiegata o monitorare condizioni cliniche specifiche come insufficienza cardiaca congestizia o sindrome nefrosica.
In alcuni casi, è accompagnato da test aggiuntivi, come il test di privazione idrica, il test di carico idrico o la misurazione dell’osmolarità plasmatica e urinaria, al fine di ottenere una valutazione più completa della regolazione dei liquidi nell’organismo.
L’interpretazione dei risultati deve essere sempre affidata a un medico, che considererà i valori insieme alla storia clinica del paziente e ad altri esami diagnostici per formulare una diagnosi accurata.
Fattori che influenzano l’esame
I livelli di ADH nel sangue sono influenzati da molteplici fattori di natura fisiologica, patologica e farmacologica. Tra quelli principali vi è l’osmolarità plasmatica, poiché un aumento della concentrazione di soluti stimola la secrezione dell’ormone per trattenere acqua, mentre una riduzione dell’osmolarità ne riduce il rilascio.
Anche il volume ematico e la pressione arteriosa giocano un ruolo determinante: diminuzioni di volume o pressione stimolano la produzione di ADH per preservare la perfusione degli organi, mentre valori elevati possono inibirne la secrezione. Lo stato di idratazione incide direttamente sulla produzione dell’ormone, che aumenta in caso di disidratazione e diminuisce se l’assunzione di liquidi è eccessiva.
Diversi farmaci possono alterare i livelli di ADH: alcuni antidepressivi, carbamazepina o clorpropamide ne aumentano la secrezione, mentre alcol, agonisti α‑adrenergici e alcuni diuretici la riducono. Anche stimoli fisici o emotivi come dolore, stress e nausea possono provocare aumenti transitori dell’ormone.
Tra le patologie, condizioni come insufficienza cardiaca congestizia, cirrosi epatica o sindrome nefrosica elevano i livelli di ADH, mentre il diabete insipido centrale ne riduce la produzione; nel diabete insipido nefrogenico i livelli possono risultare normali o aumentati, pur con ridotta efficacia renale. Infine, i livelli di ADH sono soggetti a variazioni legate al ritmo circadiano, con picchi generalmente notturni.

