Cos’è l’uricemia, come si misura l’acido urico nel sangue, i valori normali, elevati e bassi, le cause delle variazioni e i fattori che influenzano l’esame

L’uricemia rappresenta la quantità di acido urico presente nel sangue. Questo composto è il risultato finale del metabolismo delle purine, sostanze azotate che si trovano naturalmente nel DNA e nell’RNA delle cellule e che vengono introdotte anche attraverso alcuni alimenti. Durante i processi metabolici, le purine si degradano formando acido urico, il quale viene poi trasportato nel sangue e successivamente eliminato in gran parte dai reni tramite le urine, e in misura minore attraverso le feci.

La misurazione dell’uricemia è un esame utile per valutare l’equilibrio tra la produzione e l’eliminazione dell’acido urico. Un aumento dei valori, noto come iperuricemia, può indicare una produzione eccessiva o una ridotta capacità di eliminazione da parte dell’organismo. Questo parametro è particolarmente importante nella diagnosi e nel monitoraggio di alcune patologie metaboliche, renali o reumatiche, come la gotta, i calcoli renali o le alterazioni legate a trattamenti farmacologici intensivi, ad esempio la chemioterapia.

Esami di Laboratorio

L’uricemia rappresenta un indicatore fondamentale dell’equilibrio metabolico dell’organismo, poiché riflette il corretto funzionamento dei processi di produzione ed eliminazione dell’acido urico; mantenerla entro i valori fisiologici è essenziale per prevenire disturbi articolari, renali e metabolici legati al suo accumulo

Inoltre, il controllo periodico dell’uricemia consente di verificare l’efficacia delle terapie adottate per regolare i livelli di acido urico nel sangue.

L’uricemia, ossia la concentrazione di acido urico nel sangue, dipende da un delicato equilibrio tra i processi di produzione e di eliminazione che coinvolgono diversi organi e sistemi anatomici.

L’acido urico si forma principalmente nel fegato come prodotto finale del metabolismo delle purine, sostanze azotate derivate dal ricambio delle cellule e dagli alimenti. La trasformazione delle purine in acido urico avviene attraverso l’azione dell’enzima xantina ossidasi, che converte specifici composti intermedi come l’ipoxantina e la xantina.

L’eliminazione dell’acido urico avviene in gran parte per via renale. I reni, infatti, sono responsabili di espellere circa due terzi della quantità totale prodotta ogni giorno. Il processo inizia a livello del glomerulo, dove l’urato viene filtrato dal plasma, per poi proseguire nel tubulo prossimale, sede di complessi meccanismi di riassorbimento, secrezione e nuovo riassorbimento. In questa fase intervengono specifici trasportatori cellulari, come URAT1, GLUT9 e OAT4, che regolano la quantità di urato da eliminare o trattenere. In condizioni normali, solo una piccola parte dell’acido urico filtrato viene effettivamente escreta.

Anche l’intestino svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’equilibrio dell’uricemia, contribuendo all’eliminazione di circa un terzo dell’acido urico totale. In questa sede, l’urato può essere secreto nel lume intestinale per essere eliminato con le feci o metabolizzato dai batteri della flora intestinale, che partecipano al suo smaltimento.

Nel complesso, l’uricemia risulta dall’interazione tra produzione epatica e processi di eliminazione renale e intestinale. Quando uno di questi sistemi risulta alterato — ad esempio per una riduzione della funzionalità renale — l’altro può compensare solo in parte, portando all’accumulo di acido urico nel sangue.

Dal punto di vista anatomico-funzionale, disfunzioni nei trasportatori renali o variazioni delle condizioni tubulari (come il pH o la perfusione) possono ridurre la capacità di eliminazione dell’urato. Allo stesso modo, alterazioni del transito intestinale o della flora batterica possono compromettere la via extra-renale. L’accumulo di acido urico nel corpo può infine favorire la formazione di depositi cristallini nei tessuti, in particolare nelle articolazioni e nei reni, dando origine a patologie come la gotta o i calcoli renali.

Come interpretare i valori dell’esame: alto, basso e valori normali

L’esame permette di valutare la quantità di acido urico presente nel sangue e i suoi valori vengono interpretati in base a tre principali condizioni: normale, elevata o ridotta.

In condizioni fisiologiche, l’uricemia si mantiene entro un intervallo considerato normale, che varia leggermente a seconda del sesso, dell’età e del laboratorio di analisi. Generalmente, i valori ritenuti normali oscillano tra circa 4,0 e 9,2 mg/dL negli uomini e tra 2,8 e 6,9 mg/dL nelle donne. In questi casi, non è necessario alcun intervento, poiché l’organismo mantiene un corretto equilibrio tra produzione ed eliminazione dell’acido urico.

Quando i valori superano circa 7 mg/dL negli uomini e 6 mg/dL nelle donne, si parla di iperuricemia. Questo aumento può dipendere da una produzione eccessiva di acido urico — dovuta a un ricambio cellulare elevato o a un’alimentazione ricca di purine — oppure da una ridotta capacità di eliminazione, spesso legata a disturbi renali o a un’alterazione del trasporto tubulare dell’urato. Un’eccessiva concentrazione può favorire la formazione di cristalli di urato nelle articolazioni o nei reni, con conseguenze come la gotta, i calcoli renali e, nel tempo, un possibile danno renale cronico.

Al contrario, valori di uricemia ridotta, inferiori a circa 2 mg/dL, sono meno frequenti ma possono segnalare condizioni particolari. Tra le cause più comuni figurano un’eccessiva eliminazione renale di urato, alterazioni del metabolismo dovute a patologie epatiche o a rare sindromi genetiche. In alcuni casi, livelli troppo bassi di acido urico possono essere associati a disturbi renali o neurologici, perciò è opportuno approfondire se compaiono altri segni clinici.

CategoriaValori di riferimento (mg/dL)Possibili sintomiPatologie e condizioni correlateNote cliniche e interpretative
NormaleUomini: 4,0 – 9,2

Donne: 2,8 – 6,9

Generalmente assentiStato fisiologicoI valori possono variare a seconda del laboratorio, dell’età e della dieta. Non indicano patologia se isolati e stabili nel tempo.
Alto (Iperuricemia lieve-moderata)Uomini: >7,0

Donne: >6,0

Spesso asintomatica nelle fasi iniziali; possibile lieve rigidità articolareGotta (in fase iniziale o latente)

Sindrome metabolica

Ipertensione

Diabete tipo 2

Malattia renale cronica (iniziale)

Può dipendere da un aumento della produzione (eccesso di purine, turnover cellulare, alcol) o da ridotta eliminazione renale. Monitorare con esami periodici.
Alto (Iperuricemia severa)≥ 8,0 – 9,0 (in entrambi i sessi)Dolori articolari acuti, gonfiore, arrossamento (tipicamente all’alluce o ginocchio); calcoli renali; affaticamentoGotta acuta

Calcolosi renale da urato

Nefropatia da urati

Danno renale cronico avanzato

Valori elevati favoriscono la precipitazione di cristalli di urato monosodico. Richiede valutazione medica e, se necessario, trattamento farmacologico e dietetico.
Basso (Ipouricemia)≤ 2,0 (in entrambi i sessi)Generalmente asintomatica; in alcuni casi debolezza o affaticamentoMalattie epatiche gravi

Sindrome da perdita tubulare renale

Malnutrizione o digiuno prolungato

Alcune malattie genetiche rare (es. sindrome di Fanconi, mutazioni SLC22A12)

Può derivare da eccessiva escrezione renale di urato o da ridotta sintesi epatica. Raramente causa sintomi clinici, ma può indicare un disturbo metabolico sottostante.
Fluttuazioni transitorieVariazioni lievi al di fuori dell’intervallo normaleAsintomaticheDisidratazione

Dieta iperproteica o digiuno

Uso di farmaci (diuretici, chemioterapici, corticosteroidi)

Le variazioni temporanee sono comuni e non indicano necessariamente una patologia. È consigliato ripetere l’esame a distanza di tempo.

È importante ricordare che i valori dell’uricemia devono sempre essere interpretati in modo personalizzato, tenendo conto di fattori come sesso, età, dieta, assunzione di farmaci, stato di idratazione e funzionalità renale. Un valore fuori norma, sia in eccesso che in difetto, non indica necessariamente una malattia, ma rappresenta un segnale da valutare nel contesto complessivo della salute del paziente.

Come si esegue l’esame e quando viene richiesto?

L’esame dell’uricemia è un’analisi di laboratorio finalizzata a misurare la concentrazione di acido urico nel sangue. Si esegue mediante un prelievo venoso, generalmente da una vena del braccio, preferibilmente al mattino e a digiuno per ridurre le fluttuazioni dovute all’alimentazione. Per ottenere risultati più stabili, è consigliabile limitare il consumo di alimenti ricchi di purine, evitare alcol e, se indicato dal medico, modulare l’assunzione di farmaci che possono influenzare l’uricemia.

Il campione prelevato viene analizzato tramite metodi chimici o enzimatici per determinare la concentrazione di acido urico. In alcuni casi può essere richiesto anche il dosaggio dell’acido urico nelle urine o l’uricemia nelle 24 ore per valutare l’escrezione renale.

L’esame è indicato in diversi contesti clinici: per la diagnosi di patologie come la gotta o i calcoli renali da urato, per la valutazione di alterazioni metaboliche come iperuricemia o ipouricemia, e per il monitoraggio di terapie farmacologiche che influenzano i livelli di acido urico, ad esempio durante trattamenti con allopurinolo, febuxostat o chemioterapia. Viene inoltre utilizzato per lo screening e la valutazione del rischio in soggetti con sindrome metabolica, obesità, ipertensione o diabete, nonché per il controllo periodico nei pazienti con storia di valori alterati, al fine di verificare l’efficacia di modifiche dietetiche o terapeutiche.

Fattori che influenzano l’esame

I valori di uricemia possono essere influenzati da numerosi fattori che ne modificano temporaneamente o stabilmente la concentrazione nel sangue, rendendo necessaria una corretta interpretazione dell’esame.

L’alimentazione svolge un ruolo importante: cibi ricchi di purine come carni rosse, frattaglie, pesce azzurro e legumi possono aumentarne i livelli, così come l’assunzione di alcol, in particolare birra e liquori distillati, che riduce l’eliminazione renale dell’acido urico. Anche digiuni prolungati o diete molto restrittive possono alterare i valori, sia in aumento sia in diminuzione.

Lo stato fisiologico e il metabolismo influiscono sui livelli di uricemia: gli uomini tendono a presentare valori più elevati rispetto alle donne in età fertile, mentre dopo la menopausa i livelli femminili si avvicinano a quelli maschili. Condizioni caratterizzate da un alto turnover cellulare, come chemioterapia o malattie ematologiche, possono aumentare l’acido urico, mentre una disidratazione può concentrare il sangue e incrementare temporaneamente i valori.

La funzione renale e metabolica rappresenta un altro fattore determinante. L’insufficienza renale riduce l’eliminazione dell’acido urico, favorendo l’iperuricemia, mentre alterazioni dei trasportatori tubolari renali possono influenzare ritenzione o escrezione. Malattie epatiche possono ridurre la produzione di acido urico, determinando ipouricemia.

Anche alcuni farmaci possono modificare i livelli di uricemia: diuretici tiazidici o dell’ansa tendono ad aumentarla, mentre farmaci come allopurinolo, febuxostat e uricosurici ne favoriscono l’eliminazione. Altri farmaci, tra cui aspirina a basse dosi, ciclosporina, alcuni chemioterapici e interferoni, possono alterare i valori. Infine, condizioni cliniche temporanee come infiammazioni acute, infezioni, traumi, interventi chirurgici o esercizio fisico intenso possono determinare fluttuazioni transitorie dell’acido urico.


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