La Shigella: caratteristiche, sintomi, trasmissione e trattamento della patologia (la shigellosi) causata da questi batteri gram-negativi

La Shigella è un genere di batteri a forma di bastoncello, appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae. Questi microrganismi sono gram-negativi, privi di spore, non dotati di motilità e possono sopravvivere sia in presenza che in assenza di ossigeno (aerobi facoltativi). Tuttavia, mostrano una scarsa tolleranza al calore e agli stress ambientali.

Il genere si suddivide in quattro specie principali: Shigella dysenteriae, Shigella flexneri, Shigella boydii e Shigella sonnei, ciascuna comprendente vari sierotipi. Le specie più comunemente associate alle infezioni umane sono S. flexneri e S. sonnei, quest’ultima particolarmente diffusa negli Stati Uniti. L’intestino umano e quello dei primati rappresentano l’habitat naturale di questi batteri.

Shigella SSP

Il genere Shigella è composto da quattro specie principali: S. dysenteriae, S. flexneri, S. boydii e S. sonnei, ciascuna suddivisa in diversi sierotipi distinti per caratteristiche antigeniche

Queste differenze sono rilevanti per la diagnosi, la sorveglianza epidemiologica e per la risposta immunitaria, che risulta essere specifica per ciascun sierotipo.

Le infezioni umane sono causate prevalentemente da S. flexneri e S. sonnei: la prima è più comune nei Paesi in via di sviluppo, mentre la seconda è più diffusa nelle aree industrializzate, in particolare negli Stati Uniti.

Dal punto di vista ecologico, Shigella è un batterio strettamente adattato all’intestino dell’uomo e dei primati, senza serbatoi animali noti. La trasmissione è facilitata dalla sua capacità di infettare la mucosa intestinale e provocare un’intensa risposta infiammatoria, tipica della shigellosi. Tale adattamento all’ospite umano favorisce una trasmissione efficiente, soprattutto in ambienti sovraffollati o con scarsa igiene, rappresentando così un rilevante problema di sanità pubblica.

Sintomatologia della shigellosi

L’infezione da Shigella, nota come shigellosi o dissenteria bacillare, può insorgere anche con l’ingestione di un numero molto ridotto di batteri (tra 10 e 100). Dopo un periodo di incubazione che va da uno a quattro giorni, si manifestano sintomi gastrointestinali come diarrea, spesso accompagnata da muco o sangue, dolori addominali crampiformi, febbre e tenesmo (stimolo continuo alla defecazione). Nei casi gravi, la disidratazione può essere marcata e pericolosa, specie nei bambini piccoli.

La forma più severa è causata da S. dysenteriae tipo 1, che produce la tossina Shiga, responsabile di complicanze come la sindrome emolitico-uremica, una condizione potenzialmente letale che può manifestarsi anche quando la diarrea si sta attenuando. Nei bambini piccoli, i sintomi possono evolvere rapidamente, con rischio di convulsioni, prolasso rettale, grave perdita di peso e morte nei casi non trattati.L

La trasmissione avviene prevalentemente per via oro-fecale, attraverso il contatto diretto con feci infette o indirettamente tramite alimenti, acqua contaminata o superfici sporche. I bambini piccoli, per il mancato rispetto delle regole igieniche, rappresentano un’importante fonte di contagio.

Situazioni come il cambio di pannolini senza adeguata igiene delle mani o la balneazione in acque contaminate possono favorire l’infezione. Le mosche possono fungere da vettori, trasferendo i batteri da feci infette agli alimenti. La shigellosi si diffonde più facilmente in contesti sovraffollati e con scarse condizioni igienico-sanitarie. È stata documentata anche la trasmissione sessuale, soprattutto tra uomini che hanno rapporti con altri uomini.

Diagnosi e trattamento della shigellosi

Per confermare la diagnosi è necessario isolare il batterio nelle feci tramite coprocoltura. Tecniche più moderne, come la PCR (reazione a catena della polimerasi), permettono di rilevare la presenza del patogeno con maggiore rapidità e precisione. Durante l’esame proctoscopico, la mucosa intestinale appare spesso infiammata, con piccole ulcerazioni. La presenza di globuli bianchi nelle feci e l’emoconcentrazione sono segnali frequenti.

Il trattamento principale per la shigellosi è la reidratazione, necessaria per contrastare la perdita di liquidi dovuta alla diarrea. Nei bambini, si ricorre a soluzioni reidratanti orali arricchite di elettroliti, mentre nei casi più gravi può essere necessario un supporto endovenoso. È sconsigliato l’uso di farmaci antidiarroici, poiché possono aggravare la condizione clinica.

L’uso degli antibiotici è riservato ai casi moderati o gravi, soprattutto in bambini, anziani e pazienti immunocompromessi. I farmaci comunemente impiegati includono ciprofloxacina, azitromicina e ceftriaxone. Tuttavia, l’aumento di ceppi resistenti a più farmaci (XDR) limita le opzioni terapeutiche, rendendo necessario il coinvolgimento di specialisti in malattie infettive. In tali casi, può essere impiegato un antibiotico della classe dei carbapenemi.

La prevenzione della shigellosi passa attraverso una rigorosa igiene personale, in particolare il lavaggio accurato delle mani prima della manipolazione degli alimenti e dopo l’uso del bagno. I pazienti e i portatori devono essere gestiti con misure di isolamento, specialmente fecale, per evitare la diffusione del patogeno. Gli indumenti e le lenzuola sporchi devono essere immersi in acqua e disinfettante prima del lavaggio.

Attualmente sono in fase di sviluppo vaccini sperimentali, ma l’immunità è specifica per ciascun sierotipo, quindi sarà probabilmente necessario un vaccino multivalente.

La shigellosi è una malattia infettiva altamente contagiosa che rappresenta un importante problema di sanità pubblica soprattutto nei bambini piccoli e in ambienti con scarse condizioni igieniche. Se diagnosticata e trattata tempestivamente, la prognosi è generalmente favorevole nei Paesi sviluppati, ma resta una delle principali cause di mortalità infantile nei contesti più poveri.

La tossina Shiga

La tossina Shiga è un’esotossina prodotta da alcuni ceppi di Shigella dysenteriae tipo 1 e da specifici ceppi enteroemorragici di Escherichia coli, come E. coli O157:H7. Essa rappresenta un importante fattore di virulenza responsabile di forme severe di infezione intestinale.

Dal punto di vista strutturale, la tossina è composta da una subunità A e cinque subunità B, organizzate secondo una configurazione AB5. Le subunità B si legano a recettori presenti sulle cellule bersaglio, in particolare il globotriaosilceramide (Gb3), localizzato in abbondanza nelle cellule endoteliali dei reni e del sistema nervoso centrale. Dopo il legame, la tossina entra nella cellula e la subunità A inibisce la sintesi proteica, alterando l’RNA ribosomiale e determinando la morte cellulare.

Questa tossina è implicata nei quadri clinici più gravi associati all’infezione da Shigella dysenteriae tipo 1, come la colite emorragica, e può indurre la sindrome emolitico-uremica (SEU), una complicanza caratterizzata da anemia, carenza di piastrine e insufficienza renale acuta, soprattutto nei bambini e negli anziani, in caso di infezione da ceppi produttori di tossina Shiga.

Dal punto di vista terapeutico, la gestione delle infezioni è complessa, poiché l’uso di antibiotici può stimolare il rilascio della tossina, aggravando la sintomatologia. Pertanto, il trattamento è generalmente di supporto, con particolare attenzione all’idratazione e al controllo delle eventuali complicazioni.



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