Gli aborti spontanei possono manifestarsi in modo silente, senza sintomi evidenti, rendendo necessaria la diagnosi clinica tramite ecografia
L’aborto spontaneo si definisce come la perdita non voluta dell’embrione o del feto, oppure l’espulsione dei materiali del concepimento (feto e placenta) prima del raggiungimento della ventesima settimana di gestazione. In questo periodo, il segnale di un possibile aborto è spesso rappresentato da sanguinamenti vaginali, accompagnati da sintomi quali dolori pelvici simili a crampi, dilatazione della cervice e l’espulsione di tessuti.
Tipologie di aborto e Sintomi
Nel caso in cui la morte del feto avvenga dopo la ventesima settimana, si parla di morte tardiva del feto. Si distinguono inoltre diversi tipi di aborto spontaneo: gli aborti precoci, che si verificano prima della dodicesima settimana, gli aborti ricorrenti (definiti come più di due aborti spontanei consecutivi) e gli aborti indotti per motivi terapeutici, quando la salute della donna è a rischio o il feto è già deceduto o presenta malformazioni incompatibili con la vita.
I sintomi associati all’aborto spontaneo includono dolore pelvico crampiforme, sanguinamento uterino e, infine, espulsione di materiale. Il sanguinamento nelle prime fasi della gravidanza è un evento relativamente comune; uno studio su oltre 4.500 donne ha evidenziato che circa il 25% delle gravidanze nel primo trimestre ha presentato sanguinamento, di cui il 12% ha portato alla perdita della gravidanza.
Nell’aborto tardivo spontaneo, la fase iniziale può essere caratterizzata da una perdita abbondante di liquido in seguito alla rottura delle membrane. Sebbene l’emorragia sia raramente massiva, una cervice dilatata indica che l’aborto è imminente.
Se, dopo un aborto spontaneo, alcuni prodotti del concepimento rimangono nell’utero, possono verificarsi sanguinamenti, anche con un ritardo di ore o giorni. In questi casi, può svilupparsi un’infezione che provoca febbre, dolore e, talvolta, sepsi, nota come aborto settico.
Cause degli aborti spontanei
Gli aborti spontanei occasionali possono essere causati da infezioni virali, come quelle da cytomegalovirus, herpes virus, parvovirus e virus della rosolia. Altre cause possono includere traumi significativi, disfunzioni immunologiche e anomalie cromosomiche, che possono danneggiare l’embrione durante la gravidanza. Inoltre, possono influenzare negativamente l’esito della gravidanza anche difetti nella fase luteinica, malattie endocrine non adeguatamente curate (come la sindrome dell’ovaio policistico, l’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo e il diabete mellito), malattie renali gravi e disturbi trombotici di origine ereditaria.
Le cause dell’aborto spontaneo sono molteplici e variegate. Tra le più comuni si segnalano:
- Anomalie cromosomiche: rappresentano la causa principale di abortività, con una maggiore incidenza legata all’età materna.
- Malformazioni uterine: possono essere congenite (come utero setto o unicorne) o acquisite (ad esempio polipi e fibromi).
- Incontinenza cervicale: si verifica quando il collo dell’utero si dilata precocemente, portando all’espulsione del feto.
- Malattie autoimmuni o trombofiliche: queste condizioni aumentano la coagulazione del sangue.
- Patologie infettive: infezioni come toxoplasmosi, rosolia e citomegalovirus possono infettare il feto, provocando sofferenza e morte.
- Infezioni vaginali non trattate.
- Insufficienza del corpo luteo: in questo caso, non viene prodotto sufficiente progesterone, necessario per l’impianto e il mantenimento della gravidanza nel primo trimestre.
Fattori di rischio
Tra i fattori di rischio per l’aborto spontaneo, si evidenziano l’età della donna (sotto i 20 anni o oltre i 35 anni), l’abuso di sostanze come droghe e alcol, una magrezza eccessiva o un significativo calo di peso, l’assunzione di determinati farmaci e la presenza di anomalie strutturali nella cavità uterina, come polipi, fibromi e aderenze che possono ostacolare l’impianto dell’embrione.
La diagnosi di aborto spontaneo si basa principalmente su due elementi: la visita ginecologica e l’ecografia. In aggiunta, possono essere prescritti test di gravidanza e il dosaggio plasmatico della frazione beta dell’ormone della gravidanza (HCG). Questo ormone, prodotto a partire dall’impianto in utero, aumenta costantemente fino al terzo mese di gestazione. Le variazioni dei livelli di HCG sono utili per valutare l’evoluzione della gravidanza.
Trattamenti per l’aborto spontaneo
Una volta diagnosticato un aborto spontaneo, le opzioni di trattamento sono generalmente due:
- Terapia chirurgica: consiste nel “raschiamento” mediante isterosuzione, che prevede l’aspirazione del materiale abortivo presente nella cavità uterina attraverso una cannula inserita nel canale cervicale.
- Condotta di attesa: in alcuni casi, si può decidere di attendere la spontanea espulsione del materiale abortivo dall’utero. In alternativa, si possono somministrare farmaci per facilitare le contrazioni uterine. Questa strategia è applicata soprattutto nei casi di aborto incompleto e, più raramente, negli aborti interni, specialmente se l’aborto si è verificato nelle prime settimane di gravidanza.
Incidenza dell’aborto spontaneo
L’aborto spontaneo è un fenomeno relativamente comune, con un tasso di incidenza stimato attorno al 35% delle gravidanze. Spesso, questa evenienza si verifica in modo talmente precoce da rimanere inosservata. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un episodio isolato e non ripetuto nella stessa donna.
Tra le cause comuni che possono portare all’aborto spontaneo vi sono condizioni come il diabete gestazionale, la febbre di Lassa, la malattia di Chagas, la placenta previa e le trisomie 13 e 18. Vi sono anche cause più rare, tra cui l’alcolismo, il cancro al collo dell’utero, l’infezione da Chikungunya, il corpo luteo emorragico, l’ereditarietà di malattie come l’eritroblastosi fetale, fibromi uterini e infezioni virali come quelle da herpes simplex e cytomegalovirus.