L’anchilosi, pur essendo una condizione complessa, può essere gestita con successo attraverso una diagnosi precisa e trattamenti personalizzati
L’anchilosi è una condizione clinica in cui un’articolazione, normalmente mobile o semimobile, perde in modo parziale o completo la sua capacità di movimento. Tale limitazione, che può derivare da alterazioni a carico della stessa articolazione o delle strutture a essa collegate, può compromettere sensibilmente la qualità della vita del paziente. Esistono due principali tipologie: l’anchilosi vera, dovuta a modificazioni delle componenti articolari, e l’anchilosi falsa, causata da disfunzioni di muscoli o tendini associati.

Scopri cos’è l’anchilosi, quali sono le cause, i sintomi principali. La prevenzione, il mantenimento della mobilità articolare e un corretto stile di vita sono strumenti fondamentali per ridurre il rischio e contenere l’impatto della patologia
Tipologie di articolazioni coinvolte e di anchilosi
Per comprendere appieno le dinamiche dell’anchilosi, è utile ricordare che il corpo umano presenta tre grandi categorie di articolazioni:
- Sinartrosi: articolazioni fisse, come quelle del cranio;
- Anfiartrosi: articolazioni semimobili, come quelle tra le vertebre;
- Diartrosi: articolazioni completamente mobili, come quelle di ginocchio, spalla, gomito e dita.
- L’anchilosi interessa principalmente le articolazioni semimobili e mobili, ossia quelle coinvolte nel movimento attivo quotidiano.
Forme di anchilosi:
- Anchilosi parziale: la perdita di mobilità è solo parziale, spesso causata da lesioni ai legamenti o degenerazione della cartilagine.
- Anchilosi completa: si ha una fusione tra le superfici ossee, che impedisce totalmente il movimento.
- Anchilosi vera: deriva da danni interni all’articolazione, come lesioni a cartilagini, legamenti o membrane sinoviali.
- Anchilosi falsa: la rigidità è dovuta a problematiche muscolo-tendinee esterne all’articolazione.
Cause principali anchilosi ossea
Questo fenomeno può insorgere per ragioni diverse, spesso collegate a lesioni, infiammazioni o patologie sistemiche. Di seguito, vengono analizzate in dettaglio le principali circostanze che possono condurre allo sviluppo dell’anchilosi.
Una delle principali cause dell’anchilosi è rappresentata dagli eventi traumatici che interessano le articolazioni. Fratture, dislocazioni o distorsioni gravi possono compromettere l’integrità di strutture fondamentali come le superfici ossee, i legamenti, le cartilagini e i tessuti muscolari circostanti. Quando la lesione non guarisce correttamente o il recupero è incompleto, il rischio di fusione articolare o rigidità permanente aumenta notevolmente. Numerose patologie infiammatorie sono responsabili dell’insorgenza progressiva dell’anchilosi. Tra queste figurano l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, la gotta e l’artrosi. Queste malattie generano un’infiammazione persistente che nel tempo danneggia le articolazioni coinvolte, con conseguente deterioramento delle strutture sinoviali e tendenza alla rigidità o alla saldatura dell’articolazione stessa. In molti casi, il processo è irreversibile se non trattato in modo tempestivo.
In determinati contesti clinici, l’anchilosi può essere il risultato di una decisione medica consapevole. Esistono interventi ortopedici, come l’artrodesi, progettati appositamente per unire due estremità ossee allo scopo di bloccare il movimento in un’articolazione gravemente compromessa. Questa tecnica viene impiegata in situazioni in cui il dolore cronico o l’instabilità articolare non possono essere gestiti con altri mezzi terapeutici. L’immobilizzazione volontaria dell’articolazione è quindi finalizzata a migliorare la funzionalità generale del paziente.
Oltre ai fattori più frequenti, esistono anche origini più rare dell’anchilosi, spesso legate a malattie sistemiche o genetiche. L’emofilia, ad esempio, può causare danni articolari a causa di emorragie ricorrenti nelle articolazioni. Patologie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) possono contribuire all’immobilità articolare progressiva, sebbene in modo indiretto. Anche alcune infezioni sistemiche gravi, come il vaiolo (oggi eradicato), sono state storicamente associate a esiti di anchilosi.
Ecco un quadro sinottico delle principali cause di anchilosi ossea:
| Categoria | Cause | Tipo |
|---|---|---|
| Infiammazioni articolari | Artrite reumatoide Artrite psoriasica Spondilite anchilosante Lupus eritematoso sistemico | Primarie |
| Infezioni | Artrite settica (batterica, tubercolare, fungina) Osteomielite | Primarie |
| Traumi articolari | Fratture articolari Lussazioni non trattate Danni post-operatori o post-traumatici | Secondarie |
| Interventi chirurgici | Artrodesi intenzionale (fusione chirurgica di un’articolazione) | Secondarie |
| Malattie autoimmuni | Sclerodermia Polimiosite Dermatomiosite | Secondarie |
| Malattie degenerative | Artrosi avanzata | Primarie |
| Condizioni congenite o genetiche | Artrogriposi Displasie scheletriche | Rare / Secondarie |
| Malattie metaboliche | Gotta Emocromatosi | Secondarie |
| Tumori e neoplasie | Tumori ossei o articolari che causano ossificazione | Rare / Secondarie |
| Fibrosi post-infiammatoria | Formazione di tessuto cicatriziale dopo infiammazione cronica | Secondarie |
| Anomalie neurologiche | Spasticità grave Paralisi cerebrale (in casi avanzati e trascurati) | Rare / Secondarie |
| Uso prolungato di immobilizzazione | Gessi o tutori mantenuti troppo a lungo senza fisioterapia | Secondarie |
Fattori predisponenti
Ci sono condizioni che aumentano la probabilità di sviluppare anchilosi:
- Età avanzata: maggiore rischio per via di processi degenerativi articolari.
- Immobilità prolungata: dovuta a infortuni o stile di vita sedentario.
- Attività ad alto impatto articolare: sport o lavori che sollecitano eccessivamente le articolazioni.
- Familiarità genetica: predisposizione a patologie come artrite o morbo di Paget.
Sintomi associati
L’anchilosi non si manifesta soltanto con la riduzione o la completa assenza del movimento articolare. Spesso, questa condizione è accompagnata da segnali clinici facilmente riconoscibili, che contribuiscono a compromettere ulteriormente la funzionalità quotidiana dell’articolazione coinvolta. Uno dei sintomi più comuni è il dolore persistente nella zona colpita, che può variare da un fastidio lieve fino a un dolore costante e invalidante.

Anchilosi, capirne e conoscerne i sintomi è il primo passo per una diagnosi corretta e completa
Oltre al dolore, possono emergere evidenti segni di infiammazione. In molti casi, l’area articolare appare visibilmente gonfia, con una colorazione rossastra dovuta all’aumento del flusso sanguigno locale. Un ulteriore sintomo frequentemente riferito è la sensazione di calore percepibile al contatto con la pelle sopra l’articolazione colpita, indice della reazione infiammatoria in corso.
Quando si tenta di mobilizzare un’articolazione anchilosata, possono verificarsi rumori articolari anomali, come scricchiolii o crepitii. Questi suoni, tecnicamente noti come crepitazioni, sono causati da attriti o irregolarità all’interno della superficie articolare compromessa, e rappresentano un altro indicatore della degenerazione articolare.
L’anchilosi può colpire diverse articolazioni del corpo, ma alcune risultano più frequentemente coinvolte. Le zone maggiormente soggette a questa condizione comprendono le ginocchia, i gomiti, le spalle e le caviglie. Anche le piccole articolazioni delle dita delle mani possono essere interessate, così come la colonna vertebrale, dove l’anchilosi può influire in modo significativo sulla postura e sulla mobilità complessiva del tronco.
Ecco i principali sintomi della condizione di anchilosi:
| Categoria | Sintomi / Manifestazioni |
|---|---|
| Sintomi principali | Rigidità articolare marcata Perdita parziale o totale della mobilità articolare Dolore articolare persistente o cronico Limitazione funzionale della zona colpita |
| Sintomi secondari | Gonfiore locale (soprattutto in fase infiammatoria) Calore e arrossamento (nelle forme attive infiammatorie) Deformità articolare progressiva Atrofia muscolare nella zona limitrofa |
| Sintomi rari | Fusione ossea visibile ai raggi X Anchilosi combinata a contratture muscolari Dolore riferito (dolore percepito in aree adiacenti) Alterazioni della postura o del passo (in caso di anchilosi degli arti inferiori) |
| Manifestazioni cliniche | Immobilità dell’articolazione interessata (completa o parziale) Difficoltà nell’esecuzione di movimenti quotidiani (camminare, afferrare oggetti, ecc.) Peggioramento della qualità della vita Segni radiologici di fusione articolare (spazio articolare assente o ridotto, presenza di ponti ossei o fibrosi) |
Diagnosi
La diagnosi inizia con una dettagliata anamnesi condotta dal medico, che valuta la storia clinica del paziente, le abitudini di vita e i sintomi riportati. L’esame obiettivo viene poi completato da test diagnostici come risonanza magnetica, radiografie, esami ematici o test genetici, a seconda dei sospetti clinici.
Quadro diagnostico completo, partendo dai sistemi di classificazione e dai test più utilizzati:
| Sistema di classificazione / Test | Componenti / Indicatori principali | Requisiti per la diagnosi | Note e caratteristiche cliniche associate |
|---|---|---|---|
| Criteri di New York modificati (1984) | Dolore lombare infiammatorio >3 mesi Limitazione del movimento della colonna lombare Ridotta espansione toracica Evidenza radiografica di sacroileite (≥grado 2 bilaterale o ≥grado 3 unilaterale) | ✔ 1 criterio radiologico e ✔ almeno 1 criterio clinico | Indicano stadio avanzato. Radiografia necessaria per rilevare danni strutturali già presenti. |
| Criteri ASAS per spondiloartrite assiale (2009) | Età <45 anni – Dolore lombare cronico (>3 mesi) Sacroileite all’imaging oppure positività all’antigene HLA-B27 Presenza di caratteristiche cliniche specifiche | ✔ Se imaging positivo: ≥1 caratteristica clinica oppure ✔ Se HLA-B27 positivo: ≥2 caratteristiche cliniche | Permette diagnosi anche in fase iniziale (quando la radiografia è ancora normale), usando RM e test genetici. È utile nei pazienti giovani con sintomi precoci. |
| Imaging diagnostico | Radiografia del bacino: sacroileite visibile nei casi avanzati Risonanza Magnetica (RM): utile per rilevare infiammazione precoce (edema osseo, sinovite) | ✔ RM: per confermare sacroileite attiva nei soggetti senza evidenza radiografica ✔ Radiografia: usata per confermare danno strutturale | RM fondamentale nei primi stadi della malattia. Utile nei pazienti giovani, prima che compaia l’anchilosi ossea. |
| Esami di laboratorio | HLA-B27 (genetica): associato a predisposizione genetica CR e VES: marcatori di infiammazione sistemica – Esami ematici di routine (emocromo, proteina C-reattiva) | ✔ Positività HLA-B27: supporta diagnosi, soprattutto in giovani ✔ PCR/VES elevati: indicano processo infiammatorio attivo | HLA-B27 è positivo in circa il 90% dei pazienti con spondilite anchilosante. Tuttavia, non è diagnostico da solo. |
| Scale di valutazione funzionale | BASDAI (Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index): misura l’attività della malattia su scala 0-10 BASFI (Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index): valuta la disabilità funzionale BASMI (Bath Ankylosing Spondylitis Metrology Index): analizza la mobilità spinale | ✔ Usati nel follow-up clinico e per monitorare la risposta al trattamento | Non sono diagnostici, ma fondamentali per seguire l’evoluzione e l’impatto dell’anchilosi sulla qualità della vita e sul movimento. |
Caratteristiche cliniche considerate nei criteri ASAS:
- Artrite periferica
- Ensite (infiammazione dei punti di inserzione tendinea)
- Uveite (infiammazione oculare)
- Dactilite (dita “a salsicciotto”)
- Psoriasi
- Malattia infiammatoria intestinale (Crohn, colite ulcerosa)
- Risposta positiva ai FANS
- Storia familiare di spondiloartrite
- PCR/VES elevate (infiammazione sistemica)
Ricorda che i criteri sono riportati puramente a scopo informativo, possono subire aggiornamenti, esistono anche metodiche e scale di valutazione alternative che possono essere prese o meno in considerazione dallo specialistica in base alla storia clinica del paziente. Non utilizzare queste informazioni per scopi diagnostici.
La diagnosi di anchilosi, specialmente quando associata a spondiloartriti, può e deve avvalersi di numerosi sistemi di classificazione oltre ai noti criteri di New York modificati e a quelli ASAS. Esistono infatti ulteriori metodologie che consentono di identificare in maniera più precisa queste condizioni attraverso l’analisi combinata di segni clinici, test strumentali e indagini di laboratorio.
Classificazioni Diagnostiche Alternative:
- Criteri di Amor
Introdotti nel 1990, questi criteri si basano su un sistema a punteggio che tiene conto di una serie di manifestazioni cliniche e parametri laboratoristici. L’insieme dei punti attribuiti a ciascun elemento, se supera una soglia stabilita, consente di sospettare la presenza di una forma di spondiloartrite. - Criteri del Gruppo Europeo per lo Studio delle Spondiloartriti (ESSG)
Questa classificazione richiede, come base, la presenza di dolore infiammatorio nella zona lombare oppure una forma di artrite periferica. Per confermare il sospetto, è necessario che vi sia almeno uno tra diversi segni associati: familiarità per malattie reumatiche, psoriasi, infiammazioni intestinali croniche, entesite, uveite, positività al gene HLA-B27 o sacroileite rilevata agli esami radiologici. - Criteri di Berlino
Sviluppati in ambito accademico e principalmente destinati alla ricerca, questi criteri si fondano su specifici sintomi clinici e dati provenienti da tecniche di imaging, con l’obiettivo di individuare precocemente la spondiloartrite assiale.
Procedure Cliniche di Supporto alla Diagnosi:
- Test di Schober
Questa semplice manovra permette di valutare la mobilità del tratto lombare della colonna vertebrale. Consiste nel misurare l’aumento della distanza tra due punti segnati sulla pelle della schiena mentre il paziente si piega in avanti. - Test di Patrick (FABER)
Utilizzato per esplorare le articolazioni sacroiliache, questo test implica movimenti controllati dell’anca per rilevare eventuali segnali dolorosi che suggeriscano infiammazione o limitazione articolare. - Test di Gaenslen
Anche questo esame è impiegato per rilevare alterazioni dolorose a livello delle articolazioni sacroiliache. Si esegue estendendo una delle anche, in modo da sollecitare l’area e osservare la risposta del paziente.
Trattamenti disponibili
La terapia dell’anchilosi è strettamente legata alla sua causa. Quando il disturbo è reversibile, si può intervenire con:
- Fisioterapia: utile nei casi di anchilosi parziale o falsa.
- Terapie conservative: riposo, applicazioni di ghiaccio, esercizi mirati.
- Chirurgia: nei casi gravi o totali, può essere necessario ricorrere a interventi per separare ossa fuse, ricostruire legamenti o rigenerare cartilagini.
- Nei casi in cui la patologia di base non sia completamente curabile, l’obiettivo terapeutico diventa quello di contenere i sintomi e migliorare la funzionalità residua.
Il decorso dell’anchilosi varia a seconda della causa scatenante. Se si riesce a intervenire in modo tempestivo ed efficace, è possibile ottenere un pieno recupero. Quando invece la condizione è cronica o dipende da patologie degenerative non risolvibili, il paziente deve convivere con un certo grado di limitazione funzionale.
Negli ultimi anni, la medicina ha compiuto significativi passi avanti nel trattamento dell’anchilosi, soprattutto nelle sue forme correlate alle spondiloartriti. Le novità riguardano l’introduzione di molecole biologiche avanzate, strategie rigenerative e l’impiego di soluzioni tecnologiche all’avanguardia per la riabilitazione.
Una delle principali innovazioni è rappresentata dall’impiego di anticorpi monoclonali umanizzati. Tra questi, bimekizumab ha evidenziato un’elevata efficacia nella gestione della spondiloartrite assiale e della spondilite anchilosante. Il suo meccanismo d’azione si basa sull’inibizione dell’interleuchina 17, una citochina coinvolta nei processi infiammatori, contribuendo così alla riduzione del dolore lombare, della rigidità al risveglio e dell’affaticamento cronico. I dati clinici dimostrano miglioramenti costanti anche dopo due anni di trattamento.
Accanto a bimekizumab, un altro farmaco che ha guadagnato attenzione è ixekizumab, anch’esso diretto contro l’interleuchina 17A. Questa terapia ha mostrato di rallentare l’evoluzione della malattia sia nei pazienti con spondilite anchilosante che in quelli con spondiloartrite assiale non evidenziabile ai raggi X. Secondo le valutazioni a tre anni, circa il 60% dei soggetti trattati ha mantenuto una malattia stabile con sintomi sotto controllo e miglioramenti persistenti nella qualità di vita.
Nel campo della medicina rigenerativa, nuove metodologie stanno guadagnando terreno. La stimolazione ultrasonica a bassa intensità (LIPUS) si è dimostrata promettente nel promuovere la ricostruzione della cartilagine danneggiata. In modelli sperimentali, l’unione di questa tecnica con l’infusione di cellule staminali mesenchimali ha portato a un recupero marcato del tessuto articolare compromesso, suggerendo un futuro impiego anche in ambito clinico.
Un altro filone di ricerca riguarda l’utilizzo di cellule rigenerative autologhe derivate dal tessuto adiposo (UA-ADRCs). Queste cellule, prelevate direttamente dal grasso corporeo del paziente, sono state sperimentate per potenziare la funzionalità articolare, con risultati preliminari molto incoraggianti e senza effetti collaterali significativi segnalati.
La riabilitazione dei pazienti affetti da anchilosi sta beneficiando dell’integrazione di strumenti digitali personalizzati. Le terapie digitali (DTx) si stanno affermando come supporti efficaci per l’attività fisica guidata da remoto. Applicazioni come “allimb” permettono di eseguire esercizi riabilitativi attraverso l’intelligenza artificiale, che analizza i movimenti del paziente in tempo reale utilizzando la fotocamera del cellulare, offrendo un feedback immediato e su misura. Le evidenze cliniche mostrano una riduzione del dolore, un miglioramento dello stato psicologico e una maggiore adesione al piano terapeutico.
La scienza sta inoltre indagando le connessioni tra composizione del microbiota intestinale e andamento delle spondiloartriti. Squilibri nella flora intestinale potrebbero incidere sulla risposta infiammatoria dell’organismo, alterando l’efficacia dei trattamenti. Parallelamente, studi genetici stanno identificando specifici marcatori che potrebbero aumentare il rischio di sviluppare queste patologie, aprendo la strada a future terapie mirate e personalizzate.





