Sifilide: cause, sintomi, fasi cliniche, diagnosi sierologiche, terapie attuali con penicillina e alternative, prevenzione e ultime novità scientifiche su neurosifilide e resistenze emergenti

Indice dei contenuti
  1. Cura

La sifilide è un’infezione ereditaria (in questo senso può essere trasmessa da madre a figlio in gravidanza o durante le fasi del parto) da contatto sessuale, provocata dal batterio Treponema pallidum subspecies pallidum. Si contrae mediante l’ingresso diretto attraverso lesioni infette (come ulcere genitali, orali o anali), trasfusioni di sangue contaminato o per trasmissione verticale dalla madre al feto, dando origine alla sifilide congenita.

Sintomi e causa della sifilide

La neurosifilide rappresenta una possibile complicazione dell’infezione da Treponema pallidum e può manifestarsi in qualunque fase della malattia, anche in assenza di altri segni clinici evidenti. I sintomi associati al coinvolgimento del sistema nervoso centrale includono cefalea persistente, alterazioni del comportamento o dello stato mentale, disturbi psichiatrici, nonché deficit sensoriali e problemi dell’equilibrio. In presenza di tali segnali, è necessario procedere con l’analisi del liquido cerebrospinale per ottenere una diagnosi definitiva

A livello globale, la sifilide rappresenta una patologia grave per la salute pubblica, responsabile di livelli elevati di malattia e mortalità. Si stima che ogni anno siano colpite tra 700 000 e 1,6 milioni di donne incinte, con conseguenti aborti, natimortalità, parti prematuri o bambini infetti. Nonostante l’avvento della penicillina, la sua incidenza è in aumento in paesi ad alto reddito, soprattutto tra uomini che fanno sesso con uomini.

La sifilide segue un decorso in quattro fasi distinte:

  1. Primaria
    Si manifesta tipicamente con la comparsa di un’unica ulcera indolore (chancro), solitamente pulita, ai genitali, all’ano o alla bocca. In alcuni casi i chancres possono essere multipli o dolorosi. Queste lesioni compaiono mediamente tre settimane dopo il contagio e tendono a guarire spontaneamente nel giro di 3–6 settimane. In associazione, si osserva frequentemente un ingrossamento dei linfonodi regionali, nelle aree prossime alla lesione.
  2. Secondaria
    Durante questa fase emergono rash cutanei (che interessano anche palme e piante dei piedi), lesioni mucocutanee (condilomi latèi), linfonodi ingrossati, febbre e uno stato di malessere generale. Tali sintomi, spesso sfumati, possono attenuarsi spontaneamente in alcune settimane. In seguito, se non trattata, l’infezione evolve verso una fase sistemica. Compare un’eruzione cutanea diffusa e non pruriginosa, spesso presente su tronco, arti, palme delle mani e piante dei piedi. Si possono anche sviluppare lesioni umide, di colore biancastro, dette condilomi latéi, soprattutto in zone corporee calde e umide come l’area anogenitale. Questa fase può includere manifestazioni sistemiche come dolori muscolari, mal di testa, stanchezza, perdita di peso, mal di gola, linfonodi ingrossati e alopecia a chiazze.
  3. Latente
    In questa variante, l’individuo è asintomatico, pur conservando un’infezione in corso; permane però un rischio di evoluzione tardiva. In questa fase, che può durare anni, il batterio è ancora presente e potenzialmente attivo.
  4. Terziaria
    Dopo diversi anni (spesso tra 3 e oltre 30 anni dall’infezione iniziale) possono manifestarsi forme tardive, tra cui: gummatosi cutanee o ossee, patologie cardiache come aortite e aneurismi, e coinvolgimenti neurologici come neurosifilide (che include tabes dorsalis, paralisi generale, meningite). Nella fase più avanzata, anche dopo decenni, la sifilide può colpire vari organi. Si possono sviluppare noduli infiammatori che coinvolgono pelle, ossa o organi interni. Il sistema cardiovascolare può essere interessato con infiammazione dell’aorta, formazione di aneurismi o insufficienze valvolari.
FaseManifestazioni principali
PrimariaUna o più ulcere (chancres), tondeggianti, dure e indolori, situate in corrispondenza dell’ingresso del batterio (genitali, ano, bocca). Compaiono circa 2–6 settimane dopo il contagio, guariscono spontaneamente in 3–6 settimane. Spesso associati a linfonodi ingrossati nelle vicinanze (en.wikipedia.org, mayoclinic.org).
SecondariaEruzione cutanea non pruriginosa su tronco, arti, palmi delle mani e piante dei piedi. Possibile presenza di lesioni umide (condilomi latéi), frequenti febbre, mal di gola, cefalea, mialgie, affaticamento, perdita di peso, perdita di peli a chiazze e linfonodi ingrossati.
LatenteFase asintomatica in cui l’infezione persiste nell’organismo, spesso per anni, senza segni clinici visibili.
TerziariaComplicanze gravi e ritardate che interessano vari organi:

Gummatosi: noduli infiammatori su pelle, ossa o organi interni.

Cardiovascolari: aortite, aneurismi, insufficienze valvolari.

Neurosifilide: meningite (cefalea), forme meningo-vascolari (ictus, paralisi nervi cranici), paralisi generale, demenza, convulsioni, tabes dorsalis (andatura atassica, problemi di postura, pupilla di Argyll Robertson).

Neurosifilide/ Oculare/ OticaPuò svilupparsi in qualsiasi stadio. Sintomi neurologici (mal di testa grave, disturbi psichici, debolezza muscolare), oculari (dolore, arrossamento, visione offuscata o perdita della vista), uditivi o vestibolari (disturbi dell’equilibrio, perdita dell’udito).

Per quanto riguarda la diagnosi laboratoristica della sifilide, si ricorre principalmente a test sierologici distinti in due categorie:

  • Test non-treponemici (come VDRL e RPR): questi rilevano anticorpi diretti contro componenti lipidiche presenti nei tessuti danneggiati dall’infezione. Sono impiegati principalmente per lo screening iniziale e per monitorare nel tempo la risposta al trattamento, poiché i livelli anticorpali tendono a diminuire con la terapia efficace.
  • Test treponemici (come FTA-ABS e TPPA): identificano anticorpi specifici contro T. pallidum e risultano fondamentali per confermare la presenza attuale o pregressa dell’infezione, anche se possono rimanere positivi a lungo termine, indipendentemente dalla guarigione clinica.

Le linee guida internazionali, in particolare quelle dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), indicano l’utilizzo congiunto di entrambi i tipi di test per differenziare accuratamente un’infezione attiva da una pregressa. Inoltre, in contesti sensibili come la gravidanza o la pediatria, l’impiego di test rapidi point-of-care consente una diagnosi sierologica in meno di 20 minuti, permettendo così di iniziare tempestivamente il trattamento.

Cura

Il trattamento della sifilide si basa sull’uso di antibiotici, con la penicillina G benzatinica come farmaco di prima scelta in quasi tutti i casi. La scelta del dosaggio e della via di somministrazione varia in base allo stadio della malattia e alla presenza o meno di complicanze neurologiche o oculari.

  1. Stadi precoci (sifilide primaria, secondaria e latente precoce). In questi casi, è sufficiente una singola iniezione intramuscolare di 2,4 milioni di unità di penicillina G benzatinica. Questo trattamento è altamente efficace nel prevenire la progressione della malattia e l’infezione dei partner sessuali.
  2. Sifilide latente tardiva o terziaria (senza interessamento del sistema nervoso). Per le forme più avanzate ma prive di coinvolgimento neurologico, si somministrano tre dosi settimanali consecutive della stessa penicillina (2,4 milioni di unità IM ciascuna), per un totale di 7,2 milioni di unità nell’arco di tre settimane.
  3. Neurosifilide, sifilide oculare e otosifilide. In presenza di coinvolgimento del sistema nervoso centrale, degli occhi o dell’orecchio interno, si opta per una terapia endovenosa con penicillina G sodica. Il dosaggio standard prevede 18–24 milioni di unità al giorno, suddivise in dosi ogni 4 ore o in infusione continua, per una durata di 10–14 giorni.
  4. In alternativa, quando la somministrazione endovenosa non è praticabile, può essere utilizzata penicillina procaina intramuscolare associata a probenecid orale. Un’altra opzione è il ceftriaxone, soprattutto in contesti ospedalieri o nei casi di controindicazioni alla penicillina EV.

Nei pazienti allergici alla penicillina, è possibile valutare l’uso di doxiciclina o ceftriaxone, se non vi è controindicazione specifica. Queste alternative non sono raccomandate in gravidanza, dove la desensibilizzazione alla penicillina resta la strategia preferita.

L’uso dell’azitromicina è fortemente sconsigliato, a causa dell’aumento documentato della resistenza del Treponema pallidum a questo antibiotico.

Stadio della sifilideAntibioticoPosologiaVia di somministrazioneDurata
Primaria, Secondaria, Latente precocePenicillina G benzatinica2,4 milioni UI una voltaIntramuscolare (IM)Singola dose
Latente tardiva o Terziaria (no neuro)Penicillina G benzatinica2,4 milioni UI a settimana x 3Intramuscolare (IM)3 settimane
Neurosifilide, oculare, otosifilidePenicillina G sodica18–24 milioni UI/die in 4–6 dosiEndovenosa (EV)10–14 giorni
Alternativa (neurosifilide)Penicillina procaina + Probenecid2,4 milioni UI/die + 500 mg x 4/dieIM + Orale10–14 giorni
Alternativa generale (non in gravidanza)Ceftriaxone1–2 g/dieEndovenosa (EV) o IM10–14 giorni (±)
Pazienti allergici (non in gravidanza)Doxiciclina100 mg x 2/dieOrale14–28 giorni
Terapia non raccomandataAzitromicinaSconsigliata per resistenza

Nei primi giorni di terapia (soprattutto negli stadi precoci) può manifestarsi una reazione acuta con febbre, malessere e peggioramento temporaneo delle lesioni. Solitamente regredisce in 24 ore con antipiretici e FANS.

L’infezione materno‑fetale, se non diagnosticata o curata precocemente, conduce a esiti gravi come aborto, natimortalità, parto prematuro, basso peso o infezione neonatale. La somministrazione tempestiva di penicillina materna quasi annulla il rischio per il neonato.

La sifilide è una malattia infettiva che, pur ancora diffusa, è perfettamente curabile con adeguata diagnosi e terapia. La strategia ottimale si basa su: diagnosi precoce attraverso test sierologici e rapidi, trattamento mirato con penicillina, monitoraggio dei partner sessuali e adozione di misure preventive. In particolare, lo screening delle gravide e la terapia tempestiva sono fondamentali per prevenire la sifilide congenita.

Una revisione del 2024 pubblicata su Clinical Infectious Diseases ha approfondito le recenti acquisizioni in merito alla diagnosi e al trattamento della neurosifilide. L’attenzione si è concentrata sull’impiego di marcatori specifici nel liquido cerebrospinale, sull’uso dell’imaging per il monitoraggio e sull’efficacia di regimi terapeutici combinati tra somministrazione intramuscolare e endovenosa. Un altro studio, risalente al marzo 2025, ha sottolineato l’aumento dei casi clinici, da forme asintomatiche a manifestazioni neurologiche gravi, ribadendo che la penicillina rappresenta ancora il trattamento di riferimento. È emerso come una diagnosi precoce incida favorevolmente sulla prognosi.

Una ricerca del 2024 denominata “Trep-AB” ha mostrato che l’antibiotico linezolid, somministrato per cinque giorni, risulta meno efficace della penicillina benzatina nella sifilide precoce. Sono in corso sperimentazioni su protocolli terapeutici prolungati, con farmaci come cefixime e doxiciclina, che hanno già dimostrato un’elevata efficacia (fino al 90–100 % di risposta sierologica dopo sei mesi). Parallelamente, si stanno esplorando antibiotici a lunga emivita, come la dalbavancina, che in studi in vitro ha mostrato il potenziale di mantenere livelli terapeutici adeguati fino a sei settimane con una sola dose. Mancano dati clinici definitivi.

Recenti studi pubblicati su riviste internazionali, inclusa Nature, hanno identificato mutazioni genetiche in alcuni ceppi di Treponema pallidum che sembrano conferire una resistenza parziale sia alla penicillina che alla ceftriaxone. Queste mutazioni, già rilevate in ceppi diffusi globalmente, potrebbero rappresentare un rischio concreto per l’emergere di forme di sifilide resistenti ai trattamenti standard. Si stima che il fallimento terapeutico avvenga nel 10–20 % dei casi di sifilide precoce, anche se una resistenza clinicamente completa non è stata ancora confermata.

Per i pazienti allergici alla penicillina – esclusi i soggetti in gravidanza – rimangono valide opzioni terapeutiche la doxiciclina e la ceftriaxone. Il linezolid è ancora sotto osservazione per verificarne l’efficacia su più lungo periodo, mentre l’azitromicina è sconsigliata a causa dell’elevata incidenza di resistenza batterica. Una recente meta-analisi ha evidenziato come la doxiciclina offra risultati simili a quelli della penicillina nei casi non neurologici, con buona tollerabilità da parte dei pazienti.

Il CDC, in collaborazione con il NIH, sta finanziando lo sviluppo di nuovi test diagnostici rapidi basati su tecnologie avanzate come la spettrometria di massa e gli aptameri. Questi strumenti, attualmente in fase di sperimentazione, consentirebbero di ottenere una diagnosi in pochi minuti e potrebbero identificare direttamente il batterio. Tale approccio sarebbe particolarmente utile nei contesti più vulnerabili, come le donne in gravidanza o le popolazioni a rischio.

CampoScoperte recenti
NeurosifilideReview su diagnosi avanzate e follow‑up; focus su biomarcatori e imaging
LinezolidInferiore alla penicillina in 5 gg; in corso studi su regimi più lunghi
Cefixime, doxiciclinaEfficacia comparabile alla penicillina; risultati molto promettenti
DalbavancinaEmivita estesa ideale per singola somministrazione; dati specie in vitro
Resistenza beta-lattamiciMutazioni in T. pallidum già diffuse; potenziale emergenza di ceppi resistenti
Diagnostic rapidiSviluppi in massa spettrometria e aptameri per diagnosi diretta in pochi minuti


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