Malattia di Kawasaki sintomi, cause, diagnosi, cure e diffusione in Italia. Come riconoscere ed affrontare la patologia, eventuali complicazioni cardiache

La malattia di Kawasaki è una forma acuta di vasculite che colpisce prevalentemente le arterie di medio calibro, in particolare le coronarie. È una condizione pediatrica che interessa soprattutto i bambini con meno di cinque anni, e in circa la metà dei casi si manifesta entro i due anni di età. Identificata per la prima volta nel 1967 dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki, la patologia mostra una predominanza nei maschi e nei bambini di origine asiatica, suggerendo un ruolo rilevante della predisposizione genetica.

Malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki rappresenta la principale causa di cardiopatia acquisita in età pediatrica. È essenziale una diagnosi precoce basata sui criteri clinici, un trattamento tempestivo con IVIG e aspirina e un attento monitoraggio della funzione cardiaca. Un approccio multidisciplinare, che coinvolga pediatri, cardiologi e reumatologi, è determinante per migliorare l’esito clinico e ridurre le sequele a lungo termine

L’incidenza varia notevolmente a seconda dell’area geografica. I tassi più elevati si registrano in Giappone e Corea, dove si superano i 200 casi ogni 100.000 bambini sotto i cinque anni. Valori superiori a 50 per 100.000 sono stati osservati a Taiwan e Pechino. Negli Stati Uniti, l’incidenza annuale oscilla tra 9 e 21 casi per 100.000 bambini, mentre in Europa si mantiene stabile attorno ai 10-15 casi ogni 100.000, con differenze tra i vari paesi. In Italia la malattia di Kawasaki è classificata come rara, ma si osserva un lieve incremento della sua incidenza, in linea con quanto accade in altri Paesi occidentali. Colpisce principalmente i bambini sotto i cinque anni, con un’incidenza stimata tra 8 e 15 casi ogni 100.000, risultando più frequente nei maschi. La diagnosi precoce è fondamentale per ridurre il rischio di complicanze a carico del cuore.

La malattia di Kawasaki può comportare gravi complicanze cardiache, soprattutto se non trattata tempestivamente. In particolare, gli aneurismi coronarici si manifestano in circa un quinto dei casi non trattati, ma questa percentuale si riduce notevolmente con una terapia precoce. Inoltre, la miocardite acuta è presente in più della metà dei pazienti affetti, mentre le complicanze cardiache acute si verificano in una minoranza significativa. A lungo termine, solo una piccola percentuale di pazienti sviluppa problemi cardiaci persistenti. La mortalità, sebbene bassa, può arrivare fino al 3% in assenza di trattamento adeguato. Fortunatamente, con un intervento rapido, la maggior parte dei bambini guarisce completamente, anche se il recupero può richiedere alcune settimane.

Cause

Nonostante numerose ricerche, l’origine esatta della malattia di Kawasaki resta ignota. Si ipotizza una risposta immunitaria esagerata a un’infezione virale o batterica in soggetti con predisposizione genetica. Sono stati identificati geni come FCGR2A, ITPKC e CASP3 coinvolti nella suscettibilità alla malattia e nella sua risposta ai trattamenti. Il sistema immunitario innato gioca un ruolo centrale nella fase iniziale dell’infiammazione.

Non è stato identificato un singolo agente infettivo responsabile, ma sono sempre più numerose le evidenze che indicano le infezioni virali o batteriche come concausa scatenante della malattia in soggetti con predisposizione genetica. La malattia si manifesta con un’attivazione eccessiva del sistema immunitario, che provoca un’infiammazione dei vasi sanguigni causando danni vascolari e complicanze cardiache tipiche.

Le conseguenze dirette includono l’infiammazione delle arterie di medio calibro, con particolare coinvolgimento delle coronarie, che può portare alla formazione di aneurismi, trombosi e ischemia cardiaca. Tra le conseguenze indirette si annovera il danno tessutale dovuto all’infiammazione cronica, che può compromettere la funzionalità cardiaca nel lungo termine.

CategoriaDescrizioneEvidenza Scientifica
Cause
Causa esattaIgnotaAHA, NIH
Fattori infettiviPossibile trigger ambientale/infezioni non specificheStudi epidemiologici, rassegne scientifiche
Fattori geneticiPolimorfismi in geni immunoregolatori aumentano la suscettibilitàStudi genetici (ITPKC, CASP3)
Risposta immunitariaAttivazione eccessiva con vasculite sistemicaStudi immunologici
Conseguenze
Infiammazione vascolareVasculite delle arterie coronarieEvidenze istopatologiche
Aneurismi coronariciFormazione di dilatazioni arteriose, rischio di rottura e trombosiStudi clinici, linee guida
Miocardite e complicanzeInfiammazione del muscolo cardiaco e possibili esiti a lungo termineStudi cardiologici
Danno tessutaleConseguenza dell’infiammazione cronicaEvidenze cliniche e patologiche

Sintomi

Il sintomo iniziale più caratteristico è la febbre alta persistente per almeno cinque giorni, che non regredisce con antipiretici. Almeno quattro delle seguenti manifestazioni cliniche devono essere presenti per la diagnosi: infiammazione congiuntivale bilaterale senza secrezioni, modificazioni della mucosa orale (labbra screpolate, lingua “a fragola”), esantema polimorfo, edema o arrossamento delle estremità e ingrossamento dei linfonodi cervicali. In presenza di sintomi incompleti, si ricorre all’ecocardiografia per identificare alterazioni coronariche.

Si osservano alterazioni e un’eruzione cutanea diffusa, soprattutto sul tronco e sugli arti, accompagnata da cambiamenti nelle mani e nei piedi, quali gonfiore, arrossamento e successiva desquamazione, specialmente alle dita. È comune inoltre l’ingrossamento di uno o più linfonodi cervicali, di solito unilaterale e di dimensioni superiori a 1,5 cm.

Malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki ha un’origine più esattamente di tipo multifattoriale, come complessa interazione tra fattori genetici e ambientali

Sintomi meno frequenti includono irritabilità marcata, disturbi gastrointestinali come diarrea e vomito, dolori articolari e, in casi più rari, coinvolgimento di altri organi come il cuore, i polmoni o il sistema nervoso centrale.

È importante rivolgersi al medico quando la febbre alta persiste per più di cinque giorni e si presentano uno o più dei sintomi elencati, poiché una diagnosi tempestiva è essenziale per evitare complicanze cardiovascolari. Si consiglia di monitorare la temperatura regolarmente e di osservare l’eventuale comparsa di nuovi segni clinici. In presenza di sintomi cardiaci, come dolore toracico o difficoltà respiratorie, è necessario un intervento medico urgente. Infine, è fondamentale seguire con attenzione le indicazioni terapeutiche e sottoporsi ai controlli cardiologici programmati per prevenire possibili complicanze.

SintomoFrequenzaNote
Febbre alta persistenteMolto comune (>90%)Durata ≥5 giorni, resistente a farmaci antipiretici
Congiuntivite bilateraleComune (85-90%)Arrossamento senza secrezioni purulente
Alterazioni orali e faringeeComune (80-90%)Labbra screpolate, lingua a fragola
Eruzione cutanea (rash)Comune (80-90%)Variabile, diffusa su tronco e arti
Modificazioni degli artiComune (70-80%)Edema, arrossamento e successiva desquamazione
Adenopatia cervicaleModerata (50-60%)Linfonodo >1.5 cm, spesso unilaterale
Sintomi gastrointestinaliMeno comuneDiarrea, vomito
Sintomi articolariMeno comuneDolore e gonfiore articolare
Sintomi neurologiciRariIrritabilità, malessere generale

La malattia progredisce attraverso tre fasi:

  1. Fase acuta: caratterizzata da febbre elevata, irritabilità, esantema, congiuntivite e alterazioni orali e cutanee.
  2. Fase subacuta: si verifica dopo la scomparsa della febbre, con desquamazione periungueale, artralgie, trombocitosi e possibili manifestazioni cardiache.
  3. Fase di convalescenza: inizia con la risoluzione dei sintomi e può durare fino a due mesi.

In alcuni casi si osservano manifestazioni atipiche come meningite asettica, infiammazioni delle vie biliari, sintomi gastrointestinali e uveite.

Diagnosi

La diagnosi della malattia di Kawasaki si basa prevalentemente su criteri clinici ben definiti, in quanto non esistono esami di laboratorio specifici o patognomonici per questa patologia. Le principali linee guida internazionali adottate sono quelle dell’American Heart Association (AHA) e del Japanese Circulation Society (JCS).

AspettoDescrizione/StrumentoNote e Fonti
Criteri cliniciFebbre ≥5 giorni + ≥4 segni cliniciAmerican Heart Association (2017) [Link: https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/CIR.0000000000000484]
Malattia incompletaFebbre + 2-3 segni clinici + esami + ecoAHA 2017, algoritmo diagnostico
Esami di laboratorioPCR, VES, emocromo, funzionalità epaticaIndicativi per infiammazione sistemica
EcocardiografiaValutazione aneurismi e altre anomalieRaccomandata in tutti i sospetti casi
ECGControllo aritmie e alterazioniSupporto nella valutazione cardiaca
Algoritmi diagnosticiLinee guida integrateAHA 2017, JCS

Nel caso in cui siano presenti febbre e meno di quattro criteri, ma vi sia un sospetto clinico, si parla di malattia di Kawasaki incompleta o atipica. In tali situazioni si ricorre a esami diagnostici aggiuntivi per confermare la diagnosi, al fine di prevenire complicanze cardiache.

Tra gli esami di supporto si utilizzano analisi di laboratorio non specifiche, utili a rilevare segni di infiammazione sistemica come l’aumento della proteina C-reattiva (PCR), della velocità di eritrosedimentazione (VES), la leucocitosi neutrofila, anemia, trombocitosi nella fase subacuta, iponatriemia e alterazioni epatiche. Fondamentale è l’ecocardiografia, che consente di valutare il coinvolgimento cardiaco, in particolare la presenza di aneurismi coronarici o altre anomalie vascolari, ed è raccomandata in tutti i casi sospetti. Altri esami, come l’elettrocardiogramma (ECG) e la radiografia del torace, possono essere impiegati per escludere aritmie o interessamento polmonare.

L’ecocardiografia è un esame diagnostico non invasivo che utilizza ultrasuoni per visualizzare il cuore in tempo reale. Nella malattia di Kawasaki, rappresenta uno strumento chiave per identificare precocemente eventuali complicanze cardiovascolari, in particolare gli aneurismi delle arterie coronarie.

L’esame viene eseguito con il bambino sdraiato su un lettino, senza necessità di preparazioni specifiche. Nei più piccoli, può essere richiesta una leggera sedazione per facilitare l’esecuzione. Un gel conduttivo viene applicato sul torace per migliorare la trasmissione degli ultrasuoni. Il medico utilizza una sonda ecografica che consente di osservare le strutture del cuore, il funzionamento delle valvole, la presenza di liquido pericardico, eventuali dilatazioni delle coronarie o segni di infiammazione cardiaca. L’esame dura circa 20-30 minuti e non provoca dolore.

L’ecocardiografia permette di monitorare l’evoluzione della malattia, guidare la frequenza dei controlli e valutare l’efficacia delle terapie. Le principali linee guida, come quelle dell’American Heart Association, raccomandano di eseguire l’esame alla diagnosi, dopo 1-2 settimane, a 6-8 settimane e successivamente in base alla gravità del quadro clinico.

L’American Heart Association ha inoltre sviluppato un algoritmo diagnostico specifico per la malattia di Kawasaki incompleta, che integra criteri clinici con risultati di laboratorio ed ecocardiografici per guidare la diagnosi e avviare tempestivamente il trattamento. Ecco, a livello conoscitivo generico, i passaggi chiave dell’algoritmo:

Fase dell’AlgoritmoDescrizionePer il paziente
1. Febbre ≥ 5 giorniPresenza di febbre alta persistente da almeno 5 giorniSe la febbre dura più di 5 giorni senza miglioramenti, è importante consultare il medico, soprattutto se ci sono altri sintomi.
2. Criteri clinici parziali (2-3 criteri)Il paziente presenta da 2 a 3 dei segni classici della malattia di Kawasaki (es. congiuntivite, rash, linfonodi)Anche se non ci sono tutti i segni tipici, la presenza di alcuni sintomi associati alla febbre merita attenzione medica.
3. Esami di laboratorioVerifica di almeno 3 dei seguenti parametri anomali: PCR elevata, VES aumentata, anemia, leucocitosi neutrofila, trombocitosi dopo 7 giorni, iponatriemia, alterazioni epaticheQuesti esami indicano infiammazione e supportano la diagnosi, quindi il medico potrà richiederli per valutare la situazione.
4. EcocardiografiaValutazione del cuore per escludere o confermare aneurismi coronarici o altre anomalie cardiacheL’ecocardiogramma è un esame indolore e molto importante per verificare se la malattia sta coinvolgendo il cuore.
5. Diagnosi confermata o sospettaSe i criteri clinici, di laboratorio e/o ecocardiografici sono positivi, si conferma o sospetta la diagnosiUna diagnosi tempestiva permette di iniziare subito la terapia e ridurre il rischio di complicazioni gravi.
6. Inizio trattamentoAvvio immediato di terapia (come immunoglobuline endovena e aspirina)Il trattamento precoce è fondamentale per prevenire danni al cuore e favorire una guarigione completa.
7. Follow-up e monitoraggioControlli cardiologici regolari per monitorare l’evoluzione e prevenire complicanzeAnche dopo la terapia è importante continuare con visite e controlli per assicurarsi che il cuore rimanga sano.

Le linee guida più aggiornate e autorevoli sul tema sono quelle dell’AHA (2017), del Japanese Circulation Society e le indicazioni generali fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la gestione delle vasculiti pediatriche.

Nel processo diagnostico della malattia di Kawasaki è essenziale escludere altre patologie con sintomi simili, come la scarlattina, la sindrome di Stevens-Johnson, l’artrite idiopatica giovanile, la meningite virale e la sindrome da shock tossico. Queste condizioni possono presentare segni clinici sovrapponibili, come febbre, rash cutaneo, congiuntivite e linfonodi ingrossati. Per distinguere con accuratezza la Kawasaki da queste malattie, i medici si basano su criteri clinici specifici e parametri di laboratorio, tra cui l’assenza di secrezioni purulente oculari, la presenza di desquamazione periungueale e alterazioni ematiche caratteristiche come leucocitosi neutrofila, trombocitosi, ipoalbuminemia e iponatriemia.

L’ecocardiografia svolge un ruolo chiave nella diagnosi, in quanto consente di individuare alterazioni delle arterie coronarie, come dilatazioni o aneurismi, che sono tipici della Kawasaki e aiutano a confermare la diagnosi soprattutto nei casi incompleti. In presenza di quadri clinici atipici, come lesioni cutanee diffuse che potrebbero far pensare a una sindrome di Stevens-Johnson, si ricorre a ulteriori accertamenti, inclusi test sierologici, colture microbiologiche e consulti dermatologici. Questo approccio multidisciplinare consente di formulare una diagnosi tempestiva e precisa, evitando trattamenti inappropriati e riducendo il rischio di complicanze cardiovascolari.

Complicanze

Le complicazioni più gravi interessano il sistema cardiovascolare. Fino al 25% dei pazienti non trattati sviluppa aneurismi coronarici, con un rischio che si riduce al 3-5% se la terapia è tempestiva. Circa la metà dei bambini può manifestare miocardite acuta, mentre un quarto presenta pericardite. Valvulopatie sono più rare ma possibili. In casi isolati, possono verificarsi infarti o rotture aneurismatiche, specie in presenza di aneurismi giganti (>8 mm). Le complicanze extra-cardiache includono interessamento di reni, pancreas, vie respiratorie superiori e linfonodi.

In alcuni casi di malattia di Kawasaki con complicanze cardiache gravi, possono essere necessari interventi chirurgici come conseguenza della malattia stessa.

Intervento ChirurgicoQuando è necessarioCosa comportaPerché è importante
Bypass coronaricoIn caso di aneurismi coronarici molto grandi o ostruzioni che causano problemi al cuoreViene creato un “ponte” per far circolare il sangue bypassando la parte malata delle arterie coronarieAiuta a ristabilire il flusso sanguigno e prevenire danni al cuore
Riparazione o sostituzione valvolareQuando le valvole cardiache sono danneggiate dall’infiammazione causata dalla malattiaSi riparano o sostituiscono le valvole danneggiatePermette al cuore di funzionare meglio e prevenire insufficienze
Angioplastica coronarica percutanea (PCI)Per dilatare arterie coronarie ristrette o bloccateProcedure minimamente invasive che allargano le arterie coronarieMigliora il flusso sanguigno senza ricorrere a un vero e proprio intervento chirurgico

Gli interventi chirurgici sono indicati esclusivamente nei casi più gravi di malattia di Kawasaki con complicanze cardiache significative. La scelta del trattamento viene effettuata da specialisti in cardiologia pediatrica, con l’obiettivo di migliorare la funzionalità cardiaca e prevenire danni irreversibili al cuore.

Cura

Il trattamento deve essere avviato entro dieci giorni dall’esordio dei sintomi. La terapia di prima linea consiste in un’unica infusione endovenosa di immunoglobuline (2 g/kg) e alte dosi di aspirina. Una volta risolta la febbre, il dosaggio dell’aspirina viene ridotto e mantenuto per almeno otto settimane. Nei casi resistenti o ad alto rischio si ricorre a corticosteroidi o infliximab. L’ecocardiogramma è fondamentale per il monitoraggio delle complicanze coronariche e deve essere ripetuto a distanza di settimane e mesi dalla diagnosi.

I bambini sottoposti a terapia con immunoglobuline devono posticipare la somministrazione di vaccini a virus vivi, come quello contro morbillo-parotite-rosolia o varicella, per almeno 11 mesi. In caso di trattamento a lungo termine con aspirina, è raccomandata la vaccinazione annuale antinfluenzale per ridurre il rischio di sindrome di Reye.

La terapia della malattia di Kawasaki si basa principalmente su un approccio farmacologico consolidato, la cui efficacia è stata dimostrata da numerosi studi scientifici e viene raccomandata dalle principali linee guida internazionali, come quelle dell’American Heart Association (AHA) e della Japanese Circulation Society (JCS). Ecco i punti salienti:

  1. Il trattamento di prima linea prevede l’infusione endovenosa di immunoglobuline (IVIG) alla dose di 2 g/kg in singola somministrazione. Questa terapia, somministrata idealmente entro i primi 7 giorni dall’esordio della malattia e comunque entro i 10 giorni, riduce in modo significativo il rischio di complicanze cardiache, in particolare lo sviluppo di aneurismi coronarici, modulando la risposta infiammatoria e immunitaria.
  2. L’aspirina viene impiegata in associazione alle IVIG per sfruttarne le proprietà anti-infiammatorie e antiaggreganti piastriniche. Durante la fase acuta, viene somministrata a dosi elevate (80-100 mg/kg/die divisi in 4 somministrazioni), mentre nella fase subacuta e cronica la dose viene ridotta a livelli bassi (3-5 mg/kg/die) per prevenire la formazione di trombosi coronarica.
  3. Nei casi in cui la terapia con IVIG risulta inefficace, che rappresentano circa il 10-20% dei pazienti, si può ricorrere a corticosteroidi come il metilprednisolone o ad altri immunosoppressori, tra cui infliximab (anticorpo anti-TNF alfa) o ciclosporina, al fine di controllare l’infiammazione persistente e prevenire ulteriori danni cardiaci.

Il monitoraggio cardiologico, mediante ecocardiografia, è essenziale dopo la fase acuta per valutare l’evoluzione di eventuali aneurismi coronarici o altre complicanze. La frequenza e la durata dei controlli dipendono dalla gravità del coinvolgimento cardiaco riscontrato.

La malattia di Kawasaki, oltre ai trattamenti standard consolidati, è oggetto di studi per nuove terapie sperimentali e approcci immunomodulatori, volti a migliorare l’efficacia soprattutto nei casi resistenti o complessi. Tra questi si valutano farmaci biologici, come gli anticorpi monoclonali anti-TNF alfa (ad esempio infliximab), e inibitori di altre vie infiammatorie, anche se le evidenze attuali sono preliminari e necessitano di ulteriori conferme cliniche. La gestione a lungo termine prevede anche interventi di riabilitazione e supporto psicologico per migliorare la qualità della vita, soprattutto in presenza di complicanze cardiache persistenti.

Sebbene la malattia coinvolga principalmente le arterie coronarie, può interessare anche altri organi come reni, sistema nervoso centrale e apparato gastrointestinale, richiedendo un approccio multidisciplinare per la diagnosi e il trattamento delle complicanze extra-cardiache. Sul fronte diagnostico, accanto agli esami di laboratorio generici, la ricerca si focalizza su biomarcatori specifici in grado di predire la risposta terapeutica e il rischio di complicanze cardiache, al fine di personalizzare la cura.



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