L’amebiasi è una malattia parassitaria potenzialmente grave, ma che può essere efficacemente controllata se individuata precocemente e curata in modo adeguato

L’amebiasi è una malattia infettiva causata da Entamoeba histolytica, un protozoo parassita che attacca principalmente l’intestino, ma può anche danneggiare altri organi. Sebbene più diffusa in contesti con scarse condizioni igienico-sanitarie, chiunque venga a contatto con il microrganismo può contrarre l’infezione. Esaminiamo le modalità di trasmissione, i sintomi, gli strumenti diagnostici, le opzioni terapeutiche e le strategie di prevenzione.

Amebiasi

L’adozione di pratiche igieniche rigorose e una maggiore attenzione alla sicurezza alimentare rappresentano le armi più efficaci per prevenire la diffusione dell’infezione, soprattutto nei contesti più vulnerabili. Conoscere questa malattia significa sapere come prevenirla, riconoscerla per tempo e intervenire prima che diventi pericolosa, soprattutto quando coinvolge organi interni come il fegato.

Vie di trasmissione

L’amebiasi si diffonde prevalentemente tramite la via oro-fecale. Le cisti del parassita, eliminate attraverso le feci di individui infetti (compresi portatori sani o soggetti in fase di guarigione), possono contaminare l’ambiente circostante: acqua potabile, terreno, alimenti come ortaggi e frutta. Queste cisti hanno una notevole resistenza fuori dall’organismo umano e possono mantenere il loro potenziale infettivo per lungo tempo. Il contagio può avvenire anche per contatto diretto con superfici, oggetti o mani sporche di materiale fecale, oppure tramite rapporti sessuali con pratiche oro-anali.

L’amebiasi è un’infezione provocata da un microscopico organismo unicellulare che può introdursi nell’intestino attraverso acqua o alimenti contaminati.

La malattia è molto più comune nelle aree tropicali e subtropicali con clima caldo e umido, soprattutto in parti dell’Africa, dell’Asia meridionale e dell’America Latina. Nei Paesi industrializzati, invece, i casi si registrano spesso tra viaggiatori di ritorno da regioni endemiche.

Via di trasmissioneDescrizione
Feco-oraleIngestione accidentale di cisti del parassita presenti in acqua, alimenti o superfici contaminate da feci infette.
Acqua contaminataConsumo di acqua non potabile o non trattata adeguatamente (es. pozzi, rubinetti non filtrati).
Cibo contaminatoIngestione di frutta, verdura o altri alimenti lavati con acqua infetta o manipolati con mani sporche.
Contatto diretto con feciTrasmissione attraverso mani contaminate da materiale fecale, che possono portare le cisti alla bocca.
Rapporti sessuali oro-analiContagio per via sessuale attraverso pratiche che coinvolgono il contatto bocca-ano.
Contatto con superfici infetteInfezione tramite oggetti o superfici contaminate da feci (es. sanitari, lenzuola, asciugamani).
Suolo contaminatoPossibile esposizione attraverso contatto con terreno inquinato da feci infette (es. giochi, agricoltura).

Sintomi e manifestazioni cliniche

Anche se l’amebiasi può colpire chiunque, ci sono gruppi di persone per cui il rischio è più alto. Chi viaggia in Paesi dove le infrastrutture igieniche sono carenti è tra i più vulnerabili, in particolare se consuma cibo di strada o acqua non trattata. Anche i bambini piccoli, le persone anziane e chi ha un sistema immunitario indebolito (ad esempio a causa di malattie croniche o terapie farmacologiche) possono avere conseguenze più serie. Inoltre, alcune pratiche sessuali che comportano contatto diretto con l’area anale possono aumentare il rischio di trasmissione.

Il periodo tra il contagio e la comparsa dei sintomi (incubazione) è generalmente compreso tra due e quattro settimane. Non tutti gli infetti sviluppano segni evidenti della malattia: in molti casi l’infezione resta silente. Quando si manifesta, l’amebiasi può presentarsi in forma lieve o più severa.

I sintomi più frequenti comprendono dolori addominali simili a crampi e dissenteria, con feci contenenti muco o tracce di sangue. La febbre, solitamente, è assente e gli episodi di diarrea possono alternarsi a momenti di stitichezza. Nelle forme persistenti si può osservare una perdita di peso significativa, disidratazione e, talvolta, la formazione di una massa addominale (ameboma) o lesioni cutanee simili all’orticaria nella zona perineale.

Sintomo / ManifestazioneDescrizione dettagliata
Diarrea cronicaEmissione frequente di feci molli o liquide per un periodo prolungato, spesso alternata a stipsi.
Dissenteria acutaScariche intestinali con presenza di sangue e muco nelle feci, accompagnate da forti dolori addominali.
Dolore addominale crampiformeCrampi localizzati nell’addome, talvolta intensi, legati alla motilità intestinale alterata.
Febbre (generalmente assente)In molti casi intestinali non si manifesta febbre; può comparire in forme extraintestinali.
Alternanza diarrea-stipsiVariazione irregolare dell’alvo: fasi di diarrea si alternano a periodi di stitichezza.
DimagrimentoCalo ponderale dovuto a malassorbimento, perdita di appetito o diarrea persistente.
DisidratazioneRiduzione dei liquidi corporei per effetto delle perdite diarroiche, con possibile secchezza di mucose e stanchezza.
AmebomaMassa infiammatoria nel colon, palpabile durante l’esame obiettivo, simile a un tumore benigno.
Lesioni cutanee orticarioidiEruzioni simili all’orticaria, soprattutto nella regione perineale, dovute alla risposta immunitaria.
Ascesso epaticoAccumulo di pus nel fegato; sintomi: febbre alta, sudorazione profusa, brividi, dolore epigastrico o al fianco destro.
Nausea e vomitoSintomi gastrointestinali comuni nelle forme gravi o complicate dell’infezione.
Astenia (debolezza generale)Sensazione persistente di affaticamento, spesso legata all’infezione sistemica o alla perdita di nutrienti.
Perdita di appetitoRiduzione dell’assunzione di cibo, tipica nelle forme avanzate o croniche.

Se non trattata adeguatamente, l’infezione può estendersi oltre l’intestino. L’ascesso epatico è la complicanza più frequente e si manifesta con febbre elevata, dolori intensi all’addome, sudorazione notturna, brividi, spossatezza, nausea, vomito e calo ponderale. In questi casi, è fondamentale intervenire tempestivamente per evitare conseguenze potenzialmente letali.

ComplicanzaDescrizione dettagliata
Ascesso epaticoRaccolta di pus nel fegato causata dalla migrazione dei trofozoiti attraverso il sangue; si manifesta con febbre alta, dolore addominale intenso (soprattutto nel quadrante superiore destro), sudorazione, brividi, nausea, astenia e perdita di peso. È la complicanza extraintestinale più frequente.
Ascesso polmonareInfezione che si estende ai polmoni, spesso per diffusione da un ascesso epatico; può causare tosse, dolore toracico, difficoltà respiratorie e febbre.
Ascesso cerebraleRara, ma grave diffusione dell’infezione al cervello; si presenta con sintomi neurologici come alterazioni dello stato mentale, convulsioni o deficit focali.
PeritoniteInfiammazione del peritoneo dovuta a perforazione intestinale causata da ulcere profonde; comporta dolore addominale severo, rigidità muscolare e segni sistemici di infezione.
AmebomaMassa infiammatoria localizzata nel colon, spesso scambiata per un tumore maligno; può causare ostruzione intestinale parziale o totale.
Perforazione intestinaleRottura della parete intestinale dovuta all’erosione dei tessuti da parte del parassita; emergenza medica che può causare sepsi.
Emorragie intestinaliSanguinamento causato dalle ulcere amebiche, con possibile presenza di sangue nelle feci e anemia.
FistoleComunicazioni anomale tra l’intestino e altri organi (come cute o vescica), in seguito a lesioni gravi non trattate.
Complicanze cutaneeUlcerazioni o lesioni della pelle, soprattutto in area perianale, dovute alla contaminazione cronica da feci contenenti il parassita.
Setticemia (sepsi)Infezione sistemica potenzialmente letale, che può derivare dalla diffusione ematica del parassita o dei batteri associati a complicanze intestinali.

Diagnosi della malattia

Il primo passo per individuare l’amebiasi è l’esame microscopico delle feci, utile per rilevare la presenza del parassita. Tuttavia, questo metodo può confondere E. histolytica con altre specie simili ma non pericolose, come E. dispar. Per una diagnosi più affidabile, si ricorre a test sierologici o alla tecnica della PCR (reazione a catena della polimerasi), che consente di identificare il DNA del microrganismo. Quando l’infezione interessa organi al di fuori dell’apparato intestinale, si effettuano indagini come ecografie, tomografie computerizzate (TAC) o risonanze magnetiche per localizzare eventuali raccolte di pus. In alcuni casi, si eseguono biopsie dei tessuti per confermare la presenza del parassita.

Il percorso diagnostico viene stabilito in base alla sintomatologia e alla sospetta localizzazione dell’infezione (intestinale o extraintestinale), con l’obiettivo di ottenere una diagnosi precisa e differenziata, evitando falsi positivi legati alla presenza di specie non patogene.

Metodo diagnosticoDescrizione e utilizzo
Esame microscopico delle feciTecnica di base per osservare cisti e trofozoiti nelle feci. Può essere poco specifica, perché E. histolytica è morfologicamente simile a specie non patogene come E. dispar.
Esame delle feci su più campioniAnalisi ripetuta su campioni fecali raccolti in giorni diversi per aumentare la probabilità di rilevare il parassita.
Esame colturale delle feciColtura in laboratorio per far crescere il parassita e identificarlo; meno usato per la lentezza e la complessità.
Test antigenici fecali (ELISA)Rilevano antigeni specifici di E. histolytica nelle feci; aumentano la precisione rispetto alla sola microscopia.
Test sierologici (anticorpi)Ricerca di anticorpi anti-ameba nel sangue; utile soprattutto per identificare infezioni extraintestinali o croniche.
PCR (reazione a catena della polimerasi)Metodo altamente sensibile e specifico per identificare il DNA del parassita, distinguendo E. histolytica da altre specie non patogene.
Ecografia addominaleUtilizzata per identificare eventuali ascessi epatici, particolarmente in pazienti con sospetta amebiasi extraintestinale.
TAC (Tomografia Assiale Computerizzata)Esame radiologico avanzato per visualizzare eventuali lesioni nel fegato, nei polmoni o nel cervello.
Risonanza magnetica (RMN)Alternativa alla TAC per lo studio dettagliato di organi profondi, utile nella diagnosi di ascessi o complicanze.
Biopsia tissutalePrelievo di tessuto intestinale o da altre sedi per confermare la presenza del parassita in caso di lesioni sospette.

Solo Entamoeba histolytica è implicata nelle forme gravi e invasive di amebiasi. Le altre specie, pur essendo frequentemente riscontrate negli esami parassitologici, non necessitano di trattamento, salvo presenza di sintomi o condizioni particolari. La distinzione accurata tra specie patogene e non patogene richiede l’impiego di tecniche molecolari o test specifici, come la PCR o i test antigenici, poiché alcune di esse risultano morfologicamente indistinguibili al microscopio.

Specie di EntamoebaPatogenicitàSede principale di infezioneManifestazioni cliniche
Entamoeba histolyticaPatogenaIntestino crasso, fegato, raramente polmoni o cervelloDiarrea, dissenteria con sangue e muco

Dolori addominali crampiformi

Alternanza di stitichezza e diarrea

Ascesso epatico (febbre, dolore, calo ponderale)

Possibili complicanze extraintestinali (peritonite, ascesso polmonare, cerebrale)

Entamoeba disparNon patogenaIntestino crassoNessun sintomo; spesso riscontro accidentale durante esami delle feci

Morfologicamente identica a E. histolytica, ma priva di effetti clinici

Entamoeba moshkovskiiPotenzialmente patogenaIntestino crassoIn alcuni casi: diarrea, crampi addominali

Spesso asintomatica

Ancora oggetto di studio per il suo potenziale ruolo patogeno

Entamoeba coliNon patogenaIntestino crassoAsintomatica

Nessuna manifestazione clinica; considerata un commensale dell’intestino

Entamoeba hartmanniNon patogenaIntestino crassoAsintomatica

Non provoca malattia; morfologicamente simile a E. histolytica, ma più piccola

Entamoeba poleckiRaramente patogenaIntestino crasso (ospiti umani e animali)In casi isolati può causare sintomi gastrointestinali lievi (diarrea, dolori addominali)
Terapia e trattamento, prevenzione

L’evoluzione dell’amebiasi varia molto: in alcuni casi passa inosservata, in altri diventa una seria minaccia per la salute. Dopo l’infezione, possono passare alcune settimane prima che compaiano i sintomi. Se curata in modo corretto, l’infezione tende a risolversi completamente, ma possono essere necessarie settimane di trattamento e controlli di follow-up. Nei casi in cui l’infezione si è estesa ad altri organi, il recupero è più lento e può richiedere cure ospedaliere. Dopo la guarigione clinica, può essere consigliabile ripetere gli esami per assicurarsi che le cisti non siano più presenti nell’intestino.

Il trattamento dipende dalla gravità della malattia e dalla presenza di sintomi. Nei pazienti con sintomatologia evidente si somministrano antiparassitari come metronidazolo o tinidazolo, efficaci contro i trofozoiti, ossia la forma attiva del protozoo. Per eliminare le cisti intestinali, anche nei soggetti asintomatici, si usano farmaci specifici come la paromomicina. Nei casi più complessi, può rendersi necessario l’intervento chirurgico per svuotare gli ascessi epatici o trattare altre complicazioni. Il sostegno idrico e nutrizionale è altrettanto importante, soprattutto nei pazienti debilitati o disidratati.

Principio attivoCategoriaIndicazioni principaliAmbito d’azione
MetronidazoloNitroimidazoloPrima scelta per amebiasi sintomatica intestinale ed extraintestinale (es. ascesso epatico).Agisce sui trofozoiti nei tessuti e nel lume intestinale. Non elimina completamente le cisti, pertanto è spesso seguito da un amebicida luminale.
TinidazoloNitroimidazoloAlternativa al metronidazolo; efficace per amebiasi intestinale ed extraintestinale.Simile al metronidazolo, con emivita più lunga; attivo sui trofozoiti. Non elimina completamente le cisti, quindi può richiedere un trattamento successivo con un amebicida luminale.
SecnidazoloNitroimidazoloOpzione per amebiasi intestinale; somministrato in dose singola.Attivo sui trofozoiti; non completamente efficace contro le cisti, pertanto può essere seguito da un amebicida luminale.
OrnidazoloNitroimidazoloUtilizzato per amebiasi intestinale ed extraintestinale.Agisce sui trofozoiti; simile ad altri nitroimidazoli. Non elimina completamente le cisti, quindi può essere seguito da un amebicida luminale.
ParomomicinaAminoglicosideIndicato per eliminare le cisti intestinali; utilizzato anche in gravidanza.Agisce nel lume intestinale; non assorbito sistemicamente. Efficace contro le cisti; non attivo sui trofozoiti nei tessuti.
Iodochinolo (Iodoquinol)AlogenochinolinaUtilizzato per eliminare le cisti intestinali nei portatori asintomatici.Agisce nel lume intestinale; efficace contro le cisti. Non attivo sui trofozoiti nei tessuti.
Diloxanide furoatoDerivato dicloroacetamidicoUtilizzato per eliminare le cisti intestinali nei portatori asintomatici.Agisce nel lume intestinale; efficace contro le cisti. Non attivo sui trofozoiti nei tessuti.
NitazoxanideTiazolideAlternativa per amebiasi intestinale non invasiva; usato quando altri trattamenti sono controindicati.Attivo nel lume intestinale; efficacia contro la malattia invasiva non ben definita.
EmetinaAlcaloideUtilizzata in passato per amebiasi grave; attualmente meno usata a causa della tossicità.Agisce sui trofozoiti nei tessuti; non efficace contro le cisti.

Nel trattamento dell’amebiasi sintomatica viene generalmente adottata una terapia combinata, iniziando con un principio attivo efficace contro i trofozoiti (come il metronidazolo), seguita dalla somministrazione di un amebicida luminale (come la paromomicina) per eliminare le cisti persistenti.

  • Nei portatori asintomatici, la terapia prevede esclusivamente l’uso di amebicidi luminali, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione e le eventuali ricadute.
  • Durante la gravidanza, si ritiene che la paromomicina rappresenti l’opzione più sicura per il trattamento dell’amebiasi, grazie al suo profilo di tollerabilità.
  • Nel corso della terapia con nitroimidazoli (ad esempio metronidazolo o tinidazolo), è consigliato evitare l’assunzione di alcol, per scongiurare possibili reazioni avverse.
  • Tra gli effetti indesiderati più comuni dei nitroimidazoli si segnalano nausea, vertigini e alterazioni del gusto (sapore metallico). La paromomicina, invece, presenta una buona tollerabilità, ma può provocare disturbi gastrointestinali.

La scelta del farmaco e la durata della cura variano in base alla gravità dell’infezione, alla sintomatologia presente e alle condizioni immunitarie del paziente.

Attualmente non esiste un vaccino per prevenire l’amebiasi. La protezione si basa quindi su comportamenti igienici scrupolosi. Lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone dopo l’uso dei servizi igienici e prima di mangiare o cucinare è fondamentale. Nei Paesi dove la malattia è più comune, è consigliabile evitare il consumo di acqua non trattata, ghiaccio, frutta e verdura crude. Meglio optare per alimenti ben cotti e acqua bollita o filtrata. A livello collettivo, è cruciale migliorare le infrastrutture igienico-sanitarie e la gestione sicura dei rifiuti per limitare la diffusione del parassita.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno l’amebiasi colpisce circa 50 milioni di persone nel mondo, causando oltre 50.000 decessi. La patologia rappresenta una delle principali cause di diarrea grave nei bambini al di sotto dei due anni, specialmente nei Paesi a basso reddito. Nei contesti più avanzati, i soggetti maggiormente esposti sono coloro che si recano in regioni dove l’infezione è endemica, motivo per cui le precauzioni igieniche durante i viaggi sono indispensabili.

Prevenire l’amebiasi non significa solo “lavarsi le mani”, ma farlo nel modo giusto e nei momenti giusti. Dopo ogni uso del bagno, prima di toccare il cibo, e ogni volta che si rientra in casa è fondamentale usare acqua pulita e sapone per almeno 20 secondi. In viaggio, è utile portare con sé disinfettanti a base alcolica, ma anche compresse per sterilizzare l’acqua o filtri portatili. Quando si mangia fuori casa, è bene preferire alimenti ben cotti e consumati caldi. Anche la semplice attenzione a sbucciare la frutta da soli può fare una grande differenza.



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