La sindrome da iperattività/deficit di attenzione (ADHD) è un disturbo del neurosviluppo che colpisce principalmente bambini e adolescenti. Descritta per la prima volta nel 1845 da Heinrich Hoffman, è stata riconosciuta come un problema medico nel 1902 grazie alle ricerche di Sir George F. Still. Il DSM-IV, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association, fornisce criteri diagnostici e terapeutici basati su numerosi studi scientifici.

L’ADHD si manifesta con sintomi di iperattività, impulsività e difficoltà di concentrazione, di solito evidenti prima dei 7 anni di età. I sintomi principali possono essere suddivisi in tre categorie: inattenzione, iperattività e impulsività. Nella categoria dell’inattenzione, si riscontrano difficoltà a mantenere l’attenzione su compiti specifici, distrazioni frequenti e problemi nell’organizzazione delle attività. Nella categoria dell’iperattività, sono presenti un’eccessiva attività motoria, difficoltà a rimanere seduti e sensazioni di agitazione costante. Nella categoria dell’impulsività, si osserva la difficoltà a controllare gli impulsi verbali o motori, interruzioni frequenti durante le conversazioni e risposte immediate senza considerare le conseguenze.

 L’ADHD è caratterizzato da sintomi di iperattività, impulsività e deficit di attenzione che si manifestano di solito prima dei 12 anni di età.

Esistono tre forme di ADHD: l’inattenzione, l’iperattività/impulsività e una combinazione dei due. I sintomi possono variare in intensità e possono influire sul rendimento scolastico e sulle relazioni sociali del bambino. In passato, i sintomi dell’ADHD potevano non essere considerati problematici, ma oggi, con l’ambiente scolastico strutturato, possono diventare più evidenti. Alcuni sintomi possono essere presenti anche in bambini senza ADHD, ma sono più frequenti e gravi nei bambini affetti da questo disturbo.

L’ADHD persiste spesso anche in età adulta, con differenze neurologiche che si mantengono nel tempo. Gli adulti con ADHD possono sperimentare difficoltà di concentrazione, scarsa capacità esecutiva, agitazione, sbalzi d’umore, impazienza e difficoltà nelle relazioni interpersonali. La diagnosi di ADHD negli adulti può essere più complessa rispetto ai bambini, poiché i sintomi possono somigliare a quelli di altri disturbi mentali o possono essere influenzati dall’abuso di sostanze.

Le cause dell’ADHD non sono ancora del tutto chiare, ma sono coinvolte sia predisposizioni genetiche che alterazioni dei neurotrasmettitori nel cervello. Altri fattori di rischio includono basso peso alla nascita, lesioni craniche, infezioni cerebrali, carenza di ferro, apnea ostruttiva del sonno e esposizione a sostanze come piombo, alcol, tabacco o cocaina prima della nascita. Traumi durante l’infanzia, come violenza, abuso o incuria, sono anche associati all’ADHD.

Non vi è evidenza scientifica che gli additivi alimentari o gli zuccheri siano responsabili dell’ADHD. Sebbene alcuni bambini possano mostrare iperattività o impulsività dopo aver consumato cibi zuccherati, studi hanno dimostrato che l’ADHD è presente sin dalla nascita e che gli alimenti e i fattori ambientali non sono la causa del disturbo.

La diagnosi di ADHD richiede una valutazione accurata da parte di un professionista specializzato, come uno psicologo o un medico. Il trattamento può includere farmaci stimolanti e consulenza psicologica per migliorare le abilità di gestione del tempo e affrontare le sfide quotidiane associate all’ADHD.

Sintomi e tratti caratteristici

È importante considerare che i sintomi dell’ADHD possono variare da individuo a individuo e manifestarsi in diverse situazioni, come a scuola, a casa o durante le relazioni sociali. Inoltre, i sintomi possono predominare in una delle tre categorie sopra menzionate, dando luogo a tre sottotipi di ADHD: principalmente inattentivo, principalmente iperattivo-impulsivo o combinato.

La sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) si manifesta con una serie di sintomi che possono variare da individuo a individuo. I sintomi comuni dell’ADHD includono comportamento impulsivo, difficoltà di apprendimento, difficoltà di concentrazione, disturbi dell’umore e logorrea, ossia una tendenza a parlare in modo incessante. Alcuni sintomi meno comuni dell’ADHD possono includere aggressività, balbuzie, depressione, disgrafia (difficoltà nell’esecuzione di movimenti fini della mano durante la scrittura), disortografia (difficoltà nell’ortografia), esaurimento nervoso, insonnia e nervosismo.
È importante sottolineare che la presenza di uno o più di questi sintomi non è necessariamente indicativa di un disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La diagnosi di ADHD richiede una valutazione clinica accurata da parte di un professionista specializzato, come uno psicologo o un medico, che terrà conto dei sintomi riportati, della loro gravità, della loro persistenza nel tempo e dell’impatto che hanno sulla vita quotidiana del individuo. Solo un professionista può stabilire se i sintomi soddisfano i criteri diagnostici per l’ADHD e formulare una diagnosi corretta.
È importante anche considerare che i sintomi dell’ADHD possono manifestarsi in diversi contesti, come a scuola, a casa o nelle relazioni sociali, e possono influire sul funzionamento complessivo della persona. Pertanto, è fondamentale cercare un supporto professionale per una valutazione accurata e per identificare le migliori strategie di gestione e intervento, che possono includere terapie comportamentali, supporto psicoeducativo, farmaci o una combinazione di queste modalità.

La sindrome da deficit di attenzione e iperattività può essere gestita con successo con l’aiuto di un team multidisciplinare che include professionisti della salute mentale, insegnanti, genitori e familiari. Un approccio personalizzato e un sostegno adeguato possono aiutare a mitigare i sintomi, a migliorare le abilità di gestione dell’attenzione e dell’impulsività e a favorire un funzionamento ottimale nella vita quotidiana.

Diagnosi

La diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) richiede un’accertamento adeguato condotto da professionisti specializzati. Nel caso dei bambini, il medico competente per la diagnosi è il neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza. In caso di dubbi, è consigliabile che i genitori consultino il pediatra per valutare la necessità di una valutazione specialistica. L’accertamento dell’ADHD richiede la raccolta di informazioni sul comportamento del bambino in diversi contesti di vita, al fine di ottenere una valutazione completa e accurata.

Negli adulti che sospettano di avere l’ADHD, è consigliabile rivolgersi al medico di famiglia per ottenere un indirizzo verso uno specialista in psichiatria per una valutazione mirata. La diagnosi dell’ADHD è formulata attraverso una valutazione clinica condotta da professionisti, che comprende osservazioni e interviste. Secondo i criteri del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), la diagnosi di ADHD può essere formulata in presenza di sei o più dei nove sintomi di disattenzione o sei o più dei nove sintomi di iperattività/impulsività.

Un criterio diagnostico più restrittivo è definito anche dall’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo l’ICD-10, la presenza di “disordine ipercinetico” è definita quando sono presenti sintomi di iperattività, comportamenti impulsivi e deficit di attenzione.

È importante notare che la sindrome ADHD può essere associata a ulteriori forme di disagio a seconda dei casi. Questi possono includere ansia e depressione, disturbi comportamentali, difficoltà nell’apprendimento e lo sviluppo di tic nervosi. È essenziale che la diagnosi e il trattamento dell’ADHD tengano conto di queste possibili complicanze e siano personalizzati per rispondere alle esigenze specifiche di ciascun individuo.

È importante sottolineare che l’ADHD è una condizione gestibile e che molti individui con questo disturbo riescono a condurre una vita soddisfacente e piena di successi con il supporto adeguato.

Trattamento

Il trattamento dell’ADHD può essere affrontato sia attraverso approcci terapeutici che farmacologici. Gli studi indicano che il farmaco più efficace per il trattamento farmacologico dell’ADHD è il metilfenidato, noto commercialmente come Ritalin®, insieme ad altre tipologie di anfetamine.

Tuttavia, l’approccio terapeutico ottimale si basa sulla capacità dei medici e delle famiglie di valutare il bilancio beneficio-rischio per lo sviluppo del bambino con ADHD nel corso di un follow-up prolungato. È essenziale distinguere se un trattamento farmacologico prolungato con stimolanti o interventi terapeutici e comportamentali non farmacologici sia più favorevole per il suo sviluppo. Secondo gli National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti, il 70-80% dei bambini risponde positivamente ai trattamenti, migliorando la capacità di concentrazione, il rendimento nell’apprendimento, le relazioni con i coetanei e gli insegnanti, nonché il controllo dei comportamenti impulsivi. Un elemento essenziale per il successo della terapia è il rapporto prolungato tra lo psichiatra infantile, il bambino e la famiglia, al fine di sviluppare in modo concertato tecniche di gestione del comportamento.

Il ricorso al trattamento farmacologico richiede una diagnosi accurata, basata su una serie di test eseguiti dal bambino, che consentono di valutare le possibilità di ridurre al minimo i rischi del trattamento stesso e stabilire l’appropriatezza terapeutica del farmaco.

È importante evidenziare che la maggioranza dei bambini con ADHD mostra un miglioramento delle capacità produttive e creative durante l’età adulta e sembra adattarsi meglio alle situazioni lavorative rispetto a quelle scolastiche. Tuttavia, se il disturbo non viene trattato durante l’infanzia, aumenta il rischio di abuso di alcol e droghe, nonché di suicidio.

Nei bambini con ADHD, la disattenzione non aumenta con l’età, anche se quelli con iperattività tendono a diventare meno impulsivi e iperattivi. Tuttavia, molti adolescenti e adulti sono consapevoli del disturbo. Circa un terzo delle persone afferma di continuare a beneficiare dell’uso di farmaci stimolanti.

Altre problematiche che possono emergere o persistere durante l’adolescenza e l’età adulta includono scarso rendimento scolastico, disorganizzazione, bassa autostima, ansia, depressione e difficoltà nell’apprendimento dei comportamenti socialmente appropriati.

Il trattamento dell’ADHD prevede l’utilizzo di farmaci psicostimolanti e interventi comportamentali. I bambini possono essere trattati sia con terapia comportamentale che con farmaci stimolanti. I farmaci contribuiscono ad alleviare i sintomi e consentono ai bambini di partecipare più facilmente alle attività scolastiche e non. In particolare, i bambini più piccoli possono beneficiare di una terapia combinata, mentre per quelli in età prescolare potrebbe essere sufficiente la terapia comportamentale da sola.

Negli Stati Uniti, l’Individuals with Disabilities Education Act (IDEA) stabilisce che le scuole pubbliche devono fornire un’istruzione gratuita e adeguata ai bambini e agli adolescenti con ADHD. L’ambiente scolastico dovrebbe essere il meno restrittivo e il più inclusivo possibile, consentendo ai bambini di interagire con coetanei non disabili e di avere pari accesso alle risorse della comunità. Leggi come l’Americans with Disabilities Act e la Section 504 of the Rehabilitation Act prevedono anche accomodamenti nelle scuole e in altri contesti pubblici.

Gli psicostimolanti sono i farmaci più efficaci per il trattamento farmacologico dell’ADHD. Il metilfenidato e altre sostanze simili alle anfetamine sono prescritti più comunemente e hanno un’efficacia e degli effetti collaterali simili. Oltre alle formulazioni tradizionali, sono disponibili preparati a rilascio prolungato che consentono l’assunzione una volta al giorno e possono contribuire a prevenire un uso improprio dei farmaci.

Gli effetti collaterali dei farmaci psicostimolanti possono includere disturbi del sonno, soppressione dell’appetito, cefalea, mal di stomaco, aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, nonché sintomi di depressione, tristezza o ansia. La maggior parte dei bambini non presenta effetti collaterali significativi, ad eccezione di una riduzione dell’appetito. Gli effetti collaterali scompaiono quando il farmaco viene interrotto. Tuttavia, dosi elevate per periodi prolungati possono rallentare la crescita dei bambini, anche se tale rallentamento può proseguire in età adulta. I medici monitorano quindi il peso e l’altezza dei bambini. In caso di ritardo della crescita o altri effetti collaterali significativi, i medici potrebbero consigliare una temporanea sospensione dei farmaci. La sospensione dei farmaci implica l’interruzione durante i periodi in cui i bambini non devono essere attentati e concentrati, ad esempio nei fine settimana o durante le vacanze estive. Tuttavia, alcuni bambini possono presentare difficoltà funzionali anche in contesti non scolastici e potrebbero non tollerare la sospensione dei farmaci.

È possibile utilizzare altri farmaci per trattare i sintomi dell’ADHD e i comportamenti associati. Alcuni di questi includono l’atomoxetina, un farmaco non stimolante per l’ADHD, alcune sostanze utilizzate per l’ipertensione arteriosa come la clonidina e la guanfacina, antidepressivi e farmaci ansiolitici. Talvolta, si possono utilizzare combinazioni di farmaci.

La gestione comportamentale è importante per ridurre le conseguenze dell’ADHD. Sono spesso necessarie strutture, routine, piani di intervento scolastico e modifiche delle tecniche genitoriali. I bambini senza problemi comportamentali significativi possono beneficiare solo del trattamento farmacologico. Tuttavia, poiché gli stimolanti non sono efficaci 24 ore su 24, potrebbero essere necessari adattamenti e supporti per abilità organizzative e altro ancora. La terapia comportamentale condotta da uno psicologo infantile può essere associata al trattamento farmacologico.



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